Omelia per la Chiusura dell’Anno Santo della Misericordia

Conversano Basilica Cattedrale - XXXIII Domenica del Tempo Ordinario
12-11-2016

A prima vista, la liturgia di questa XXXIII Domenica appare in stridente contrasto con il clima gioioso di questa nostra celebrazione, che chiude l’Anno Santo della Misericordia. Noi siamo qui a rendere grazie a Dio per il dono del Giubileo, che sicuramente ha permesso a tanti di toccare con mano l’amore misericordioso di Dio. Quante risurrezioni ci sono state, quanti passaggi da morte a vita! Fratelli e sorelle che forse da anni vivevano nel tormento di situazioni di peccato e che, sollecitati dall’annuncio della bontà infinita del Padre che è nei cieli, sono stati capaci di compiere passi di autentico rinnovamento. Hanno sperimentato che veramente grande è il suo amore per noi! Dinanzi a questi sentimenti, che ci hanno accompagnato nel varcare la soglia della nostra Cattedrale, viene quasi a scontrarsi l’annuncio della Parola di Dio, che sembrerebbe invece istillare atteggiamenti di paura e di timore per gli eventi apocalittici descritti, più che pensieri di consolazione.

Capite bene che non è così, miei cari. Io vorrei leggere insieme a voi la liturgia di questa domenica come un grande annuncio di misericordia.

La prima lettura che ci è stata proposta contiene la profezia con cui si chiude la serie dei libri dell’Antico Testamento. Per la sua collocazione, sembra quasi costituire il punto di arrivo di tutta la rivelazione veterotestamentaria, lasciando intravedere quanto oramai dovrà compiersi nella pienezza dei tempi. Più volte Dio aveva promesso un suo intervento di salvezza nella storia, un intervento che avrebbe fatto sperimentare la potenza liberatrice del suo amore. Per descrivere questa azione di Dio a favore del suo popolo, i profeti avevano usato l’immagine del Giorno del Signore, rappresentandolo spesso con tinte drammatiche, a volte anche cupe, come fa il profeta Amos (cf Am 5, 18-20). Ma come è da intendersi il “giorno del Signore”? Esso l’evento decisivo e risolutivo della storia umana, in cui Dio instaura il suo regno di giustizia e di pace in un mondo rinnovato.

È a noi che questa sera viene annunciata, per bocca del profeta Malachia, la manifestazione del giorno del Signore. Esso sarà rovente come un forno, perché venendo spazzerà via ogni malvagità, recidendone ogni radice e ogni germoglio. Soprattutto, porterà con sé un grande prodigio: farà sorgere il sole di giustizia, che avvolgerà con la sua luce e con il suo calore, coloro che saranno i cultori del nome di Yahvè.

Sorgerà il sole di giustizia!

Noi sappiamo che questo grande giorno si è già compiuto quando, grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci ha visitato un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace (cf Lc 1, 78-79). Dal momento dell’incarnazione del Verbo di Dio l’umanità vive nel grande giorno del Signore, perché davvero “il Signore, Dio d’Israele, ha visitato e redento il suo popolo” (Lc 1, 68). Questo annuncio ha dato alla storia degli uomini un senso nuovo. Dio è dentro la storia umana, perché è l’Emanuele, il Dio con noi! Nel volto di Gesù scorgiamo il volto del Padre e attraverso il suo cuore cogliamo i palpiti del cuore misericordioso del Padre. Tutto in Gesù ci parla del Padre, perché lui e il Padre sono una cosa sola: “chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14,9)

Il giorno rovente come un forno, dove ogni malvagità è stata schiacciata e vinta, è sicuramente l’evento della Pasqua di morte e risurrezione di Gesù, quando la misericordia del Padre ha raggiunto la sua pienezza proprio attraverso l’offerta che Gesù fa della sua vita. Sì, Gesù muore sulla croce compiendo – attraverso questo suo gesto – un atto di amore che lo lega per sempre a tutta l’umanità, di cui diviene il Salvatore. La croce è per Lui il suo amare fino alla fine (cf Gv 13,1). La risurrezione è la risposta del Padre. Ridandogli la vita, in Lui risorto ricrea tutta l’umanità, rendendolo, quale nuovo Adamo, principio della nuova creazione. Questa nuova creazione è già in essere, sebbene ancora nascosta tra le fragilità della storia, e raggiungerà la sua pienezza quando tutto sarà ricapitolato in Cristo e Dio sarà tutto in tutti.  Noi crediamo fermamente che Dio prepara nuovi cieli e una nuova terra per l’umanità, e quando questa creazione nuova  apparirà, noi conosceremo in pienezza il giorno del Signore, nel quale – non dimentichiamolo – siamo innestati sin da oggi. In questo giorno del Signore noi ora viviamo nella fede, accompagnati e sostenuti dalla speranza fondata sulle promesse di Dio, certi che il nostro impegno quotidiano di fedeltà a Dio permette alla storia di camminare verso il suo compimento.

In questa luce leggiamo anche la pagina evangelica di Luca che ci è stata proposta poc’anzi. Gesù è nel tempio di Gerusalemme, ormai è prossima la sua ultima Pasqua, che sarà la nuova vera Pasqua di liberazione, e mentre ascolta discorsi che decantavano la bellezza del tempio, annuncia la distruzione di quel luogo sacro, e lasciandosi provocare da una domanda di chi era con lui inizia un lungo discorso che verte su fatti spaventosi che dovranno accadere, a cominciare dalla distruzione della stessa Gerusalemme. Probabilmente anche noi stasera ci siamo lasciati prendere dallo sgomento per la crudezza delle parole usate da Gesù. Come è possibile che Lui ci parli di questi fatti terrificanti? Ma è proprio vero che tutto sarà distrutto? Cosa accadrà? Vedete, Gesù non ci ha voluto dare un resoconto in anticipo di fatti che ad un certo punto potranno o dovranno accadere all’improvviso nella storia. No, Gesù non è profeta di sventura! Piuttosto, utilizzando immagini care alla letteratura apocalittica del suo tempo, egli ha voluto dirci che l’apparizione della nuova creazione deve essere accompagnata dalla prova e dalla sofferenza, come avviene del resto nelle doglie del parto, quando una nuova vita viene alla luce, spesso tra dolori lancinanti. Però, quando la nuova vita appare in tutta la sua bellezza, le sofferenze delle doglie scompaiono e non sono più ricordate (cf Gv 16,21). Egli chiede ai suoi di non aver timore nel momento del passaggio alla nuova creazione, soprattutto se questo passaggio potrà essere accompagnato da tradimenti e da persecuzioni che avverranno a causa del suo nome, scatenate anche da persone vicine. Egli invita ad aver fiducia in lui, che al momento opportuno darà lingua e sapienza, per affrontare il combattimento.

Carissimi, noi già siamo nel giorno del Signore, perché siamo figli della luce, figli della risurrezione. Noi guardiamo al compimento della storia, ma senza paure o angosce. Sappiamo che finché siamo nel tempo, in cammino verso il Regno, dobbiamo affrontare la buona battaglia della fede (cf 1 Tm 6,12), passando, se necessario, per il crogiolo della prova. Ma con la nostra perseveranza salveremo la nostra vita, come ci ha detto Gesù a conclusione del brano evangelico (cf Lc 21,19).

Il grande giorno della salvezza che stiamo vivendo, iniziato nell’Incarnazione e che avrà il suo compimento nella manifestazione gloriosa del Signore Gesù, è tutto nella luce dell’amore di Dio.

Questo è anche il lascito dell’Anno giubilare che concludiamo stasera. Di questo anno dobbiamo ricordarci, più che per eventi particolari che abbiamo potuto celebrare, per la riscoperta gioiosa di un amore che mai viene meno, che non si ferma impotente dinanzi a nessuna miseria umana. Anzi, quanto più grande appare il peccato dell’uomo, tanto più riesce, nel cuore aperto all’azione della grazia, a compiere meraviglie.

Miei cari, Dio, con la sua misericordia, è infinitamente più grande di qualunque peccato! Questo ricordiamocelo sempre nella vita, specie quando ci troveremo forse a terra, infangati nel peccato.  Nessuna sporcizia rimane tale di fronte a lui: “Su venite e discutiamo – dice il Signore, anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana” (Is 1,18).  Con il profeta Michea siamo certi che in qualunque momento “Egli tornerà ad avere pietà di noi, calpesterà le nostre colpe” perché getterà in fondo al mare tutti i nostri peccati (cf Mic 7,19). È vero quanto ci fa pregare il salmo: “quanto dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana le nostre colpe” (Sal 103,12). Conserviamo sempre nel cuore questa verità, viviamola soprattutto! Sia la roccia su cui costruiamo la nostra vita di fede!

La misericordia di Dio è il grande tesoro da custodire gelosamente, ma deve essere anche la forza motrice della nostra vita cristiana. “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36). Non si può chiedere e ottenere misericordia dal Padre buono e poi non essere canali di misericordia per i nostri fratelli. Se è vero che il perdono di Dio fa nuovo il cuore dell’uomo, questa novità deve potersi cogliere attraverso i gesti della misericordia che devono contraddistinguere la vita dei discepoli di Cristo. I cristiani devono essere uomini e donne che gioiosamente vivono la misericordia, dandole concretezza e visibilità nel quotidiano. Il Papa – a cui va il nostro pensiero grato e affettuoso per averci fatto dono del Giubileo – ha esortato la Chiesa a riscoprire in questo anno le opere di misericordia corporale e spirituale. È chiaro che dobbiamo crescere sempre più nell’esercizio di queste opere, anche ora che l’Anno Santo si conclude. Io suggerisco di farne ogni giorno l’oggetto del nostro esame di coscienza. La sera, quando ripassiamo la nostra giornata, rileggiamo gli eventi accaduti e vediamo se le occasioni che il Signore ci ha dato per dare volto alla misericordia sono state da noi utilizzate al meglio. Altrimenti… il nuovo giorno sarà ancora il nostro campo di azione!

“L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia”, così scriveva il Santo Padre nella Bolla di indizione Misericordiae Vultus. Senza misericordia la Chiesa svilisce e tradisce la sua identità.

Ripropongo a te, amata Chiesa di Conversano-Monopoli, quanto il Papa ci ha chiesto. “Tutto della tua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza; nulla del tuo annuncio e della tua testimonianza verso il mondo deve essere privo di misericordia. La tua credibilità come Chiesa chiamata a servire questo territorio passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole” (cf MV 10).

Rendiamo allora sempre più bella la nostra Chiesa, rivestendola di misericordia. Facciamola diventare casa e scuola di misericordia. Tutti dobbiamo educarci a vivere la misericordia; nessuno si senta escluso da questo esercizio di crescita. Fino a quando staremo su questa terra, abbiamo sempre da imparare ad essere misericordiosi.

Lo chiedo a me e a voi cari Presbiteri, a noi che il giorno della Ordinazione ci siamo impegnati a implorare la divina misericordia per il popolo a noi affidato e per il mondo intero. Facciamolo attraverso il nostro ministero, intriso di preghiera e tutto orientato alla santificazione dei nostri fedeli. I nostri occhi luminosi e il nostro cuore e le nostre braccia accoglienti rivelino la gioia di essere strumenti di misericordia, e questo in special modo quando esercitiamo il nostro compito insostituibile nel sacramento della riconciliazione. Investiamo tempo ed energie in questo sacramento. Tutti quelli che ci accostano si sentano amati da Dio.

Lo chiedo a voi, cari diaconi, che avete voluto cingere, sull’esempio di Gesù, il grembiule del servizio. Usatelo questo grembiule, soprattutto andando a cercare le situazioni più periferiche della nostra Chiesa, lì dove più urge curare le ferite con l’olio della misericordia. Percorrete con coraggio le strade degli uomini, create avamposti ecclesiali sulle tante frontiere di povertà e di emarginazione. Non abbiate paura di sporcarvi questo grembiule!

Lo chiedo a voi, cari consacrati e consacrate, chiamati ad essere trasparenza della misericordia divina con una vita che sia richiamo profetico delle realtà ultime, quando solo l’amore resterà. Liberi da tutto e da tutti per amare, testimoniate che non è utopia la legge dell’amore. Fatelo toccare con mano questo amore a tutti noi, soprattutto con la bellezza della vostra vita fraterna in comunità!

Lo chiedo a voi, cari fedeli laici, in qualunque stato di vita vi troviate. Trasudate misericordia, lasciatela passare nelle vicende concrete quotidiane. Ovunque vi troviate, a casa, a scuola, al lavoro – ovunque – pensate e agite da uomini e donne misericordiosi. Sia questa la vostra carta d’identità. Date un volto nuovo alla nostra società non attraverso proclami ideologici, ma attraverso il profumo della misericordia. Tutti vi possano riconoscere come discepoli di Cristo perché siete misericordiosi come il Padre nostro celeste!

Fratelli e sorelle, è stupendo pensare ad una Chiesa fatta così, una Chiesa che sia rivelazione dell’Amore Trinitario. Così la vuole il Signore; così, ne sono certo, la vogliamo tutti noi. Lasciamo allora divampare nel nostro cuore il fuoco dello Spirito, che viene ad estirpare ogni radice e germoglio di egoismo, che tante volte non ci permette di essere misericordiosi come il Padre. Osiamo ogni giorno di più nelle nostre scelte, senza timore, e lanciamoci nella splendida avventura della misericordia!

A Maria, Madre di misericordia, affido il cammino della nostra Chiesa. A Lei chiedo che ci aiuti a farla diventare davvero per tutti casa della misericordia, dove nessuno si senta estraneo o escluso, dove regna sovrana la carità, dove tutti possano sperimentare la bontà e la tenerezza di un Dio che sa chinarsi sulle ferite dell’uomo peccatore per guarirle. A Lei chiedo che renda capace la nostra Chiesa di portare il balsamo della misericordia anche a quelli che si sentono lontani o avversano la sua presenza.

Custoditi da Maria, diventiamo tutti apostoli della Misericordia!