Lettera Avvento 2020

Conversano, 28 novembre 2020

Carissimi,

con il tempo di Avvento entriamo nel nuovo anno liturgico, un tempo di attesa, di gioia e di speranza. Ne abbiamo davvero bisogno, mentre la seconda ondata della pandemia continua a gravare su di noi, determinando una condizione tanto precaria, quanto colma di paure e di sofferenze. E in  questo momento penso a quel che si sta vivendo nelle nostre Città. Penso ai tanti nostri fratelli e sorelle che hanno perso la vita nella solitudine, senza la presenza confortatrice dei familiari – un ricordo particolare, fatto di affetto e di preghiera, permettete che lo rivolga agli anziani deceduti in diverse case di riposo – e a quanti sono negli ospedali e spesso lottano per la sopravvivenza. Penso alle famiglie in situazioni di estrema precarietà economica, che mancano anche del necessario, e a chi ha perso il lavoro o gestisce aziende ed esercizi commerciali che sono sull’orlo del fallimento. Posso solo immaginare le notti da incubo che angosciano queste persone!
L’incognita del futuro è un dramma che attanaglia il cuore di tanti. Sì, è vero: stiamo attraversando una grande crisi che mette in questione tutte le sicurezze a cui finora ci siamo aggrappati, conducendoci ad una situazione che non potrà essere più come prima. A tutti vorrei dire la vicinanza mia e della nostra Chiesa di Conversano-Monopoli!

Quanto è propizio, allora, il tempo di Avvento proprio nel momento che stiamo vivendo, per tutti difficilissimo. L’Avvento attesta che il cammino degli uomini appartiene ad un progetto d’amore e ha come meta Dio stesso; ci ricorda che la storia, pur tra le tante difficoltà, è orientata verso la luce, quella luce che si è già manifestata nella notte di Betlem, nascosta nella fragile carne di un Bambino, e che apparirà nella sua pienezza quando il Figlio dell’uomo tornerà alla fine dei tempi e “consegnerà il regno a Dio Padre” (1Cor 15,24). È questa certezza la fonte della nostra speranza: essa nasce dalla venuta nella storia del nostro Salvatore Gesù Cristo, Colui che ha assunto la nostra natura umana per camminare con noi e guidarci sui sentieri della giustizia e della pace.

Figura caratteristica del tempo di Avvento è il profeta Isaia, per i suoi chiari riferimenti alla venuta del Messia. In uno dei suoi oracoli messianici, invitando a scorgere la venuta del Signore – “egli viene a salvarvi” – così si esprime:

Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti.

Dite agli smarriti di cuore: “Coraggio, non temete!” (35,3-4).

Un messaggio quanto mai attuale, che pare scritto apposta per noi! È da mesi ormai che ci ritroviamo tutti con le mani fiacche e le ginocchia vacillanti. Sono immagini eloquenti che descrivono molto bene il nostro stato di sofferenza, nei suoi innumerevoli risvolti: la malattia, la mancanza di un lavoro, l’instabilità economica, lo smarrimento, la solitudine, i limiti imposti alle relazioni sociali, la complicata gestione della scuola specie per i più piccoli, i disagi nella vita di molti anziani. La lista che concretizza le nostre mani fiacche e ginocchia vacillanti
potrebbe continuare, ma Dio, attraverso le parole di Isaia, ci invita ad irrobustirci, ad essere saldi, a riprendere coraggio nello smarrimento, a confidare in Lui, che viene a salvarci!

Sono parole ostinatamente audaci, che dischiudono itinerari praticabili per la cura e la ricomposizione di alcuni legami essenziali, che forse si sono un po’ incrinati. È davvero una visione carica di novità per il presente e per il futuro.

In primo luogo, l’obbligo a limitare gli spostamenti e a restare il più possibile a casa si rivela realmente una buona opportunità per irrobustirci e rendere saldi i nostri rapporti familiari. Insieme alla partecipazione alla Messa domenicale, sarà bello vivere le 4 tappe delle domeniche di Avvento e le Novene in preparazione alle feste dell’Immacolata e del Natale con dei momenti di preghiera familiari, nutriti dall’ascolto della Parola e da una condivisione di quanto il Signore dice al cuore di ciascuno. In questo frangente che ci obbliga a stare di più in famiglia, i genitori possono così riappropriarsi del loro compito di primi catechisti nella fede dei loro
figli! Spetta a loro infatti educarli alla conoscenza del volto di Dio rivelatosi in Gesù. Così facendo si sperimenterà la bellezza dell’essere Chiesa domestica e soprattutto si potrà gustare la presenza del Signore, che dischiude sempre spiragli di speranza, mentre viene a condividere con noi l’esperienza della prova. E proprio perché sarà un Natale all’insegna della sobrietà, rispetto ai riti consueti del consumismo, approfittiamone per riscoprirlo nei suoi
valori più autentici. In proposito, mi permetto richiamare l’importanza di mantenere vive alcune tradizioni familiari
legate al Natale, come la realizzazione del Presepe e l’allestimento dell’Albero. Sono segni di grande efficacia che parlano sia ai piccoli che ai grandi! Oltre al significato che hanno dal punto di vista religioso, la loro stessa preparazione può diventare un’occasione capace di coinvolgere l’intera famiglia, dove ciascuno farà a gara per mettere a frutto il proprio ingegno e il proprio estro artistico. E con ciò sottolineo come sia davvero opportuno che nelle nostre case tornino ad avere un posto evidente i segni della fede, cominciando proprio dalle Immagini sacre, che sono un richiamo costante alla protezione del Cielo sulle famiglie.

Abbiamo la possibilità di irrobustire le nostre mani fiacche e di rendere salde le nostre ginocchia vacillanti anche con una ritrovata fraternità. Sappiamo che la venuta del Signore ha inaugurato una fraternità universale, dono grande che siamo chiamati in questo tempo a riscoprire, per uscire trasformati e migliori da questa crisi. Qualche settimana fa Papa Francesco ci ha fatto dono di una sua nuova Enciclica, Fratelli tutti, avente per tema la fraternità e l’amicizia sociale. Vorrei che in Avvento nelle nostre comunità – utilizzando soprattutto i canali social, di cui andiamo
scoprendo l’importanza anche nella pastorale – fosse presentato questo nuovo documento pontificio.
Tra le sue pagine non mancano spunti interessanti per riflettere in modo nuovo sul significato dell’Incarnazione del Verbo di Dio e le conseguenze che ne derivano nella vita del credente.

Punto di partenza resta sempre il testo bellissimo di Gaudium et spes, che amo spesso citare e che è a fondamento della fraternità umana: “In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. (…) con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo” (n. 22). La presenza certa di Cristo in ogni uomo e donna, specie quando è nel bisogno, ci è stata rivelata dallo stesso Gesù: “Tutto ciò che avrete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). In questa luce ben si comprende l’invito che il Papa, dopo aver presentato il dramma in cui versa l’umanità lacerata dalle sofferenze del tempo presente, rivolge ai credenti desiderosi di vivere con coerenza la propria fede: “Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita è essere come il buon samaritano”. E qui si situa il suo commento suggestivo alla splendida parabola del Vangelo di Luca, che delinea lo stile di prossimità come sentiero nuovo da percorrere, come via d’uscita per affrontare tutte le crisi esistenziali in cui l’uomo può trovarsi in ogni tempo della sua vita. “La parabola ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune. Nello stesso tempo, la parabola ci mette in guardia da certi atteggiamenti di persone che guardano solo a sé stesse e non si fanno carico delle esigenze ineludibili della realtà umana” (n. 67).

Carissimi, lasciamoci pervadere tutti da un sussulto di gioia per darci coraggio e rialzarci dal torpore, misto a incertezze e inquietudini, in cui ci dimeniamo e che non ci fa prendere il largo nel mare della vita. Già nei mesi passati abbiamo avuto occasione di gustare la solidarietà, come una carezza che tanti hanno saputo offrire ai fratelli più in difficoltà nei giorni tristi della prima pandemia, scorgendovi il segno che Dio è davvero in mezzo a noi. È necessario ora crescere in questo stile di fraternità, che si esprime attraverso braccia e cuore aperti, per combattere il
virus dell’indifferenza, che purtroppo ancora si annida nel cuore di molti di noi.

Con tale consapevolezza celebreremo l’Avvento di Fraternità, che ogni anno vede le nostre comunità esprimere concretamente la propria vicinanza alle situazioni più difficili di tanti nostri fratelli e sorelle. Nello stesso spirito, in prossimità del 20 dicembre, IV domenica di Avvento, vi invito a realizzare una colletta alimentare. La raccolta di beni di prima necessità sarà un’occasione per farci prossimo di chi sta sperimentando la miseria, soprattutto a causa della precarietà del lavoro, se non proprio della sua perdita. Sono certo che questa condivisione porterà sollievo e
consolazione, e avvertiremo così ancor più la bellezza dell’essere fratelli e sorelle in Cristo. La colletta alimentare confluirà nei servizi di distribuzione dei viveri realizzati nelle diverse zone pastorali, perché almeno per il Natale a nessuno manchi il necessario per vivere la festa nella gioia di un convito familiare sereno.

La Vergine e Madre Maria, donna dell’Avvento, Immacolata e Aurora di speranza, interceda per la nostra Chiesa di Conversano-Monopoli e per il mondo intero. Possa ciascuno vivere questo tempo come occasione unica per riprendere coraggio nel suo Figlio Gesù e, accogliendolo come Salvatore, si impegni ad essere cooperatore della gioia di tutti.

Tutti vi benedico, mentre auguro di cuore Buon Avvento e Buon Natale!

+ Giuseppe Favale
Vescovo di Conversano-Monopoli

Lettera Avvento 2020