Omelia Messa Crismale – 29 marzo 2018

OMELIA MESSA CRISMALE

È grande questa mattina la mia gioia nel vedere raccolta nella nostra Cattedrale l’intera Chiesa diocesana in tutte le sue componenti: dai Presbiteri ai Diaconi, dalle diverse espressioni della Vita consacrata ai vari Gruppi ecclesiali, dai ragazzi agli anziani, passando attraverso i giovani: tutti partecipi dell’unico popolo di Dio che la Provvidenza ha voluto affidare due anni or sono alle mie cure pastorali. Vescovo, Presbiteri, Diaconi, Consacrati e fedeli laici, siamo tutti custoditi e guidati dal Buon Pastore, intorno al quale oggi ci raccogliamo, certi che solo con Lui si consolida e cresce la nostra unità. Sì, carissimi, quest’oggi diamo volto visibile alla nostra comunione perché a questo è chiamata la Chiesa se vuole essere credibile e incisiva nella storia. E la liturgia odierna, con i suoi testi e con i suoi segni, proprio a questo ci provoca, perché il primo profumo che dobbiamo diffondere è quello dell’unità. È chiaro che la comunione che si realizza nell’Eucarestia deve poi esprimersi nelle scelte pastorali, da compiere non in antagonismo ma in collaborazione, ben consapevoli che siamo tutti a servizio del Vangelo. Lasciamoci allora guidare dalla Parola di Dio ascoltata poc’anzi per riscoprire le radici del nostro essere e del nostro operare. Quest’anno vorrei fermare l’attenzione sul munus sacerdotale che è di tutto il popolo di Dio.

Anzitutto con voi alzo lo sguardo per contemplare “Colui che ci ama e ci ha liberato dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre” (Ap 1,5-6). Lui ci ha convocati perché vuole riempirci del suo Spirito, per consacrarci e inviarci nel mondo, per far rifiorire il lieto annunzio dell’amore di Dio tra i poveri e per fasciare le piaghe dei cuori spezzati dalle brutture della vita, che avviliscono e sfigurano la dignità di tante persone. Come vorrei che il nostro sguardo fosse costantemente fisso su di Lui, che per noi ha dato se stesso consegnandosi alla morte di croce! La celebrazione della Pasqua, che avrà il suo preludio questa sera nella Messa in coena Domini, ci farà toccare con mano sin dove si è spinto il suo amore. Vero agnello immolato, il suo Sangue versato ci riscatta e ci libera da ogni male e ci ridona la libertà dei figli di Dio. Figli nel Figlio, partecipi del Regno, siamo tutti resi sacerdoti per il suo Dio e Padre. Sì, amati fratelli e sorelle, l’annuncio che vorrei si imprimesse indelebilmente nel cuore deve essere anzitutto questo: siamo tutti sacerdoti del Dio Altissimo, abilitati dal Sangue dell’agnello – che nelle acque del battesimo ci ha rigenerato a vita nuova – ad offrire il culto in spirito e verità. Siamo un popolo sacerdotale, chiamato a svolgere il compito legato a questa dignità non solo con la partecipazione piena, consapevole e attiva (cf SC 14) alle celebrazioni liturgiche, ma anche – direi soprattutto – con l’impegno a santificare le realtà del mondo inserendoci vitalmente in esse, mai dimenticando però il monito del Maestro che ci dice che siamo nel mondo ma non siamo del mondo (cf Gv 17,15-16). Siamo costituiti sacerdoti per dare vita al mondo, per immettere nei solchi della storia umana la linfa vitale della grazia che, scaturendo dagli eventi pasquali, deve passare attraverso di noi per potersi diffondere. E questo significa celebrare i Santi Misteri in modo fruttuoso, come ci invita a fare il Concilio (cf SC 11).

Tutto ciò realizza quanto abbiamo chiesto nella orazione colletta della Messa che stiamo celebrando. Il Signore, che ci ha resi partecipi del suo sacerdozio, consacrandoci con l’unzione dello Spirito Santo, ci invia nel mondo per “essere testimoni della sua opera di salvezza”. Si è testimoni solo se la salvezza, che lo Spirito Santo realizza attraverso l’azione dei Sacramenti, viene accolta lasciandola penetrare in profondità nella vita per trasformarla e rinnovarla. Non parole vuote e disincarnate noi dobbiamo annunciare; piuttosto dobbiamo far parlare una vita trasformata dall’amore del Dio che in Cristo si è fatto buon samaritano di un’umanità ferita dal peccato e bisognosa di misericordia.  Se ci gloriamo del nome cristiano non possiamo allora non vivere l’appartenenza a Lui. Non dimentichiamo l’immagine bellissima usata da Gesù, e riportata dall’evangelista Giovanni: siamo a Lui innestati come i tralci alla vite (cf Gv 15,1-8). Solo così potremo portare frutto per la santificazione del mondo!

Mi rivolgo a tutti voi, cari fratelli e sorelle, popolo sacerdotale della santa Chiesa di Conversano-Monopoli, con le parole dell’apostolo Pietro: “avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo” (1Pt 2,4-5). Il mio desiderio è che questo anno pastorale, in cui stiamo riscoprendo la bellezza del volto di Cristo, portasse tutti noi a radicarci sempre più in Lui, ad attingere soprattutto dall’Eucarestia il coraggio e la gioia di diventare sacrifici spirituali graditi a Dio mediante il dono della nostra vita, così come ha fatto Lui che ha santificato il mondo con l’offerta di se stesso sulla Croce.

Vinciamo la tentazione, in cui spesso cadiamo, della scissione tra sacro e profano. Nulla di più falso vi può essere nell’esperienza cristiana! Se nelle nostre celebrazioni non entra il vissuto concreto fatto di fatiche, di incomprensioni, di amarezze, di delusioni, insieme a gioie, soddisfazioni, speranze, attese, il culto rischia di essere disincarnato e vuoto, e perciò insignificante e sterile. Ma così non si incontra il Dio della speranza e della misericordia! Allo stesso modo, se gli affetti, il lavoro, le amicizie non sono corroborate dalla certezza che c’è un Dio che si è fatto vicino con la tenerezza di un Padre, che nel Figlio incarnato si è unito ad ogni uomo (cf GS 22), tutte queste attività o relazioni prima o poi rischiano di imprigionare la libertà del cuore. Mi piace richiamare qui alcune espressioni dell’indimenticato don Tonino Bello, che con la sua solita incisività invitava a portare la veste battesimale nei cantieri e portare la tuta di lavoro in chiesa! E aggiungeva: il cristiano, battezzato e cresimato, unto cioè di Spirito Santo, “cristifica” ciò che tratta.

Carissimi, credo che queste parole rendano bene il senso del nostro essere popolo sacerdotale mandato a santificare il mondo. Si tratta di cristificare ogni cosa diffondendo il buon profumo di Cristo, negli impegni quotidiani e nelle relazioni, quando tutto attorno a noi va a gonfie vele e quando si affaccia all’improvviso una tempesta, che può destabilizzare la vita. È chiaro che di un tale profumo ciascuno deve essere ricolmo, anzi traboccante, perché come un fiume in piena possa rifluire e raggiungere tutto e tutti. Fare di Cristo il cuore del mondo: questa è la volontà di Dio, non dimentichiamolo mai, e questo deve essere l’impegno di ogni battezzato, qualunque sia il suo stato di vita. Nostro compito è dare vita al mondo imprimendovi la forza dell’amore di Cristo.

Festa del sacerdozio di Cristo, festa del sacerdozio battesimale e crismale, festa del sacerdozio ministeriale, è la giornata odierna. Cristo sacerdote che con l’offerta della sua vita sull’altare della croce santifica l’umanità; il popolo sacerdotale redento e inviato a santificare il mondo con il servizio della carità; i presbiteri, scelti tra il popolo sacerdotale per offrire doni e sacrifici per i peccati (cf Eb 5,1), chiamati ad accompagnare il cammino del popolo di Dio perché viva la sua missione nella storia.

Mi rivolgo a voi, carissimi fratelli presbiteri, che con sincerità di cuore chiamo “mia gioia e mia corona” (Fil 4,1). Il Signore ci ha chiamato per stare con Lui e per servire questo popolo, che non è nostro ma Suo. Egli ce lo affida perché possiamo amarlo come Lui lo ama e custodirlo come Lui lo custodisce. Chiede a noi di essere sentinelle insonni e pastori eroici nel dono di sé. Ci vuole preti dal cuore grande, felici di esserlo perché ci siamo assunti liberamente gli impegni verso la Chiesa spinti unicamente dal Suo amore. Lasciate che sottolinei l’avverbio liberamente, perché verrà richiamato tra poco nella rinnovazione delle promesse sacerdotali. Sì, noi siamo stati conquistati dalla proposta di Gesù – vieni e seguimi! – e con il cuore gonfio di gioia, nell’entusiasmo della nostra giovinezza, senza che alcuno ci costringesse, ci siamo messi in cammino, senza sapere dove il Signore ci avrebbe condotto.

Sono certo che nessuno di noi, nonostante le lentezze, le fatiche, le cadute, si è mai pentito del sì detto al Signore. Il Sì, lo voglio, che tra poco pronunzieremo, rivestiamolo allora di convinta e rinnovata adesione alla volontà di Dio. E come il giorno della nostra ordinazione, fidandoci di Dio, mettiamo la nostra vita nelle mani della Chiesa per servire il popolo sacerdotale e farlo crescere nella santità. Siamo preti non per noi stessi ma per le persone a noi affidate. Come dispensatori dei misteri di Dio, attraverso la santa Eucarestia e il ministero della parola di salvezza, facciamo crescere la santità tra i nostri fedeli, perché questi, a loro volta, santifichino il mondo agendo in esso come lievito di vita nuova. Tutto questo può essere sintetizzato, come scrivevo nel messaggio per la Quaresima, con la proposta, che è un po’ la cifra di tutta l’esperienza cristiana: educare a guardare Gesù, per poter guardare con Gesù e arrivare ad amare come Gesù.

Cari fratelli presbiteri, sollecitati dalla parola e dall’esempio del Santo Padre Francesco, in questo servizio al popolo sacerdotale vogliamo dare un’attenzione particolare ai giovani, che devono essere sempre di più protagonisti nella nostra Chiesa di Conversano-Monopoli. Dio solo sa quanto stanno a cuore a me e a tutti voi. Certo, costa fatica mettersi al loro passo, per cui non riusciamo tante volte a captare le loro attese e a intercettare i loro linguaggi. Ma non è affatto vero quel che a volte si dice, che cioè sono indifferenti e insensibili, indisponibili a proposte alte. Bisogna piuttosto conquistare la loro fiducia, e quando questo accade non solo il dialogo è assicurato, ma si raccolgono frutti davvero inattesi. Amiamoli così come sono e soprattutto come Cristo li ama. Utilizzando i quattro verbi che costituiscono l’ossatura della proposta dei cantieri su cui la diocesi ha pensato di investire in questi anni, permettete che vi chieda di mettervi al loro fianco per accompagnarli con la fiducia, per sostenerli con l’esempio, per impegnarli con proposte concrete, per nutrirli con il Pane del cammino. Così potrà crescere la loro vita di fede, che ne farà degli adulti capaci di essere lievito di fraternità per una nuova umanità.

Carissimi fratelli e sorelle, a nome di tutti voi dal profondo del cuore dico allora grazie ai presbiteri e ai diaconi che servono la nostra Chiesa diocesana. Lo fanno con generosa dedizione e siamo loro grati. State loro vicino con la preghiera, la stima e la collaborazione.

Consentitemi ora di esprimere un pensiero di particolare attenzione ai due presbiteri che in questo anno celebrano il loro giubileo sacerdotale. Sono don Vincenzo Togati e don Giovanni Bianco, che il prossimo 28 aprile renderanno grazie a Dio per i 50 anni di sacerdozio. Una vita spesa per Dio e per la Chiesa. Grazie, cari fratelli, e continuate a donare tutto di voi a questo popolo che vi segue con affetto. Nella luce del sacerdozio di Cristo gioiamo nel vedere avanzare il cammino ministeriale dei nostri seminaristi: don Francesco Ramunni, ordinato diacono lo scorso 5 gennaio, Mikael Virginio e Giuseppe Cantoro, istituiti rispettivamente accolito e lettore nel Pontificio Seminario Regionale. Grazie, cari giovani, perché vi state fidando di Gesù Cristo e gli state consegnando la vostra vita. Il vostro esempio provochi altri giovani a fidarsi del Signore e ad aprirsi all’avventura dell’amore vero e liberante che solo Cristo sa suscitare. Un ricordo tutto speciale vogliamo averlo anche per i presbiteri che per età o malattia non sono oggi in questa nostra Cattedrale. Li sentiamo uniti a noi con la preghiera e con l’offerta delle proprie sofferenze. Grazie, amati fratelli, per questi doni. Ricambiamo con la nostra preghiera e con l’affetto.

Popolo sacerdotale della nostra santa Chiesa, disponiti ora a ricevere i doni pasquali della grazia e come Maria, la Madre del sommo ed eterno Sacerdote, unisciti all’offerta sacrificale del Figlio divino. Il mondo avrà così vita e l’avrà in abbondanza. Amen.