Fase Narrativa 2022-2023

Inserto Cammino Sinodale 2022_23_Guida

Cantieri 2022-2023

Sintesi Conversano Monopoli 2022-2023 I cantieri di Betania

 

I CANTIERI DI BETANIA

Introduzione:

Il metodo scelto per i Cantieri di Betania nella nostra diocesi

Il secondo anno del cammino sinodale della nostra Diocesi si è aperto con la convocazione
dell’Assemblea Diocesana di ottobre 2022, in cui la presenza di mons. Erio Castellucci ha messo a
fuoco le linee di percorso che avremmo imparato a riconoscere come i Cantieri di Betania.
Con una significativa scelta di sinodalità l’incontro di inizio d’anno pastorale tra il vescovo mons.
Giuseppe Favale e tutti gli uffici di curia ha strutturato il cammino da proporre alle zone pastorali
attorno ai cantieri di Betania, riprendendo una metodologia di lavoro degli uffici che avevamo
esperimentato dal 2017 nella nostra diocesi e che avevamo proprio chiamato ‘i cantieri pastorali’ (cf.conclusioni di questa sintesi): ognuno dei tre cantieri di Betania è stato preso in carico da un team di direttori (con uno di loro come referente di cantiere), che ha assunto il compito di delineare un percorso da sottoporre alla scelta delle dodici zone pastorali di cui si compone la diocesi; ad ogni
zona pastorale è stato chiesto di scegliere un cantiere su cui lavorare insieme nell’anno pastorale.
L’equipe sinodale, già costituita all’inizio del primo anno, ha assunto invece il compito di
strutturare contenuti e materiali relativi al quarto cantiere, finalizzato – su indicazione del vescovo –
alla riflessione e al discernimento riguardo agli organismi di partecipazione, in vista del loro prossimo rinnovo, è indirizzato a tutta la diocesi.
I quattro gruppi di lavoro hanno strutturato i propri percorsi e la relativa calendarizzazione, per cui
da gennaio 2023 in ogni zona pastorale si sono tenuti gli incontri previsti nell’ambito del cantiere
scelto – guidati dai direttori coinvolti – e l’unico incontro relativo al quarto cantiere, condotto dai
referenti diocesani con la collaborazione degli altri membri dell’equipe.
Tutti gli incontri hanno assunto lo stile di conduzione e di svolgimento dettati dall’esperienza dei
tavoli sinodali, che ha trovato piena accoglienza in tutti i partecipanti: una ‘piccola rivoluzione’ che
ha favorito la condivisione all’interno delle singole zone pastorali ed ha assecondato la percezione di un cammino condiviso da altre zone accomunate dai medesimi obiettivi, individuati quali prioritari alla fine del primo anno del cammino sinodale.
Di ogni cantiere è stata redatto la sintesi sulla base dei riscontri effettuati dai referenti zonali laici,
coinvolti in sede di programmazione al fianco dei vicari di ciascuna zona: un lavoro capillare, a tratti faticoso, che ha restituito un ritratto verosimile ed affidabile del cammino percorso dalla diocesi.

Il Cantiere della strada e del villaggio

(Zone pastorali di Conversano, Monopoli, Noci, Putignano, Polignano a Mare e Turi)
La proposta è stata offerta dai seguenti uffici diocesani: Caritas diocesana, ufficio per la pastorale
sociale e il lavoro, ufficio per la pastorale della salute, ufficio missionario, ufficio per l’ecumenismo
e il dialogo interreligioso, ufficio per le comunicazioni sociali, ufficio per la cultura, ufficio per
l’insegnamento della religione cattolica, consulta diocesana delle aggregazioni laicali.
Nella proposta fatta alle zone pastorali c’era innanzitutto la scelta di un focus su cui concentrarsi
nell’ascolto e nel dialogo. Ogni zona pastorale ha effettuato una scelta con modalità diverse,
coinvolgendo il consiglio pastorale zonale, l’assemblea dei consigli pastorali parrocchiali,
l’assemblea di alcuni operatori pastorali con il clero, l’assemblea dei facilitatori nei tavoli sinodali
dello scorso anno. I focus individuati sono stati associazioni e terzo settore, giovani, lavoro,
ambiente, giustizia e formazione delle nuove generazioni.
Nello stesso tempo ogni zona ha individuato operatori pastorali disponibili ad un breve percorso
formativo sull’ascolto e sulla possibilità di accogliere linguaggi diversi. Sia nella progettazione con
gli uffici di curia che negli incontri con gli operatori pastorali è emersa la bellezza e la fatica di
entrare in contatto con linguaggi differenti, accogliendo la sfida di farli diventare non un muro
invalicabile quanto piuttosto una ‘convivialità delle differenze’. I percorsi zonali sono stati realizzati
da formatori della Caritas diocesana e della pastorale sociale. La modalità è stata
fondamentalmente esperienziale, con simulazioni e apporti teorici per risignificare le
esperienze. Inoltre, lungo il percorso formativo, sono state scelte le diverse modalità di ascolto (tavoli sinodali; incontri-dibattito; laboratori) il più possibile rispettose di coloro che vi avrebbero partecipato (credenti, credenti appartenenti ad altre confessioni o religioni, non credenti ecc) e i relativi strumenti da utilizzare.
Nei diversi focus sono emersi nodi specifici, possibili cammini comuni e richieste esplicite
rivolte alla comunità ecclesiale: sviluppare e consolidare sinergie con famiglie, istituzioni e
associazioni su tematiche condivise e bisogni sempre più complessi (salvaguardia dell’ambiente;
utilizzo sostenibile delle risorse; formazione delle giovani generazioni e sostegno concreto ai loro
progetti e ai loro sogni; giustizia riparativa e reinserimento sociale di persone uscite dal carcere;
sostegno alle povertà emergenti e ai fenomeni di disagio); continuare lo stile del dialogo e della
sinodalità che ha molto colpito soprattutto i più ‘distanti’ dalla chiesa; sostenere la creazione di reti
di collaborazione con diversi attori presenti sul territorio, per condividere progetti e investimenti
verso il bene comune; offrire i propri spazi e le proprie risorse per sostenere la cultura dell’incontro,
del dialogo e del confronto; animare la comunità civile perché si realizzino gesti concreti di
prossimità, ascolto e accoglienza.

Il Cantiere dell’ospitalità e della casa
(Zone pastorali di Alberobello, Fasano Sud e Rutigliano)

La proposta è stata offerta dai seguenti uffici diocesani: ufficio per la pastorale della famiglia, ufficio per la pastorale delle vocazioni, ufficio per la pastorale dello sport, ufficio per la pastorale giovanile.
Le zone si sono coinvolte in un percorso di tre incontri zonali (preceduti e succeduti da incontri di
discernimento, organizzazione, rilettura del percorso e sintesi).
Nel primo incontro – Priorità dell’annuncio. Snellire o evangelizzare e ‘sinodalizzare’ le
strutture pastorali? -, dopo aver ‘disegnato’ l’impianto pastorale zonale e aver riletto (attraverso
l’esperienza Strutture, annuncio, sinodalità) alcune prassi pastorali ordinarie, valutandone, di fronte alla Parola di Dio, le strutture pastorali coinvolte, l’attenzione all’annuncio e la sinodalità messa in atto, è venuto fuori che, nei servizi pastorali che le comunità zonali mettono in atto, mentre cresce sempre di più l’attenzione all’annuncio, al discernimento e all’ascolto, c’è da maturare un affetto sincero per la sinodalità. Alla fine dell’incontro sono state individuate dieci attenzioni di una comunità cristiana, che annuncia il Vangelo in ogni prassi pastorale e nel vissuto delle strutture (anche nella gestione economica, nel servizio di segreteria). Alcune delle attenzioni maggiormente ricorrenti sono state: ascolto, dialogo, umiltà, cura, disponibilità a rischiare insieme, condivisione, comunione, progettualità e ricerca.
Nel secondo incontro – Comunità: convivialità di vocazioni -, alla luce della Parola di Dio e
attraverso l’utilizzo di giochi formativi, ogni gruppo ha sperimentato e riconosciuto la bellezza, la
fragilità e la forza di una comunità ecclesiale sinodale, in cui ogni vocazione presente è un dono da
accogliere, conoscere, valorizzare, custodire in relazione con gli altri. Ogni gruppo – per custodire la
comunità – ha individuato alcuni impegni: la necessità di relazioni comunitarie significative e
profumate di Vangelo, l’ascolto, l’accoglienza, la cooperazione, il clima di casa. E ancora: fiducia,
comunicazione, coordinamento, progettazione, condivisione degli obiettivi.
Nel terzo incontro – Progettare consapevolmente sinodali – dopo un tempo di discernimento, a
partire dalla sintesi zonale del 2022, ancora in ascolto della Parola e della vita, ogni zona pastorale ha individuato alcuni progetti zonali auspicati e possibili: percorsi di accompagnamento verso
famiglie ferite; iniziative di carattere zonale che mettano insieme le forze delle diverse comunità
(percorsi differenziati per adolescenti; grest estivi; feste interparrocchiali; formazione comune per i
membri dei consigli di partecipazione); creazione di collaborazioni positive con la società civile,
associazioni presenti sul territorio e istituzioni.
Nella rilettura del percorso e nella stesura della sintesi, ogni zona pastorale è stata messa di fronte
a due provocazioni finali. La prima era intitolata Ora tocca a noi. A proposito è emerso il desiderio
condiviso di crescere nello stile sinodale e continuare il percorso avviato, verso lo sviluppo e
l’attuazione di progetti e iniziative. La seconda provocazione era Siamo disposti a ‘guadagnare’… e
le diverse zone hanno individuato alcuni elementi fondamentali: la fraternità tessuta dalla sinodalità, una maggiore accessibilità, credibilità e attrazione della chiesa tutta, il coraggio di ‘uscire’ verso tutti.

Cantiere delle diaconie e della formazione spirituale
(Zone pastorali di Castellana Grotte, Cisternino e Fasano)

La proposta, basata su brevi itinerari di formazione condivisa e di ricerca/confronto fra ministri
ordinati, religiosi e laici, è stata offerta dai seguenti uffici diocesani: ufficio catechistico, ufficio per
la pastorale liturgica, ufficio per la musica sacra e i canti liturgici, ufficio per le confraternite, ufficio
diocesano per la tutela dei minori, ufficio per la pastorale scolastica.
Il cantiere era strutturato sulla base di 5 percorsi a scelta: 1. formazione ecclesiale; 2. ministerialità;
3. dimensione liturgica; 4. accompagnamento spirituale; 5. accompagnamento dei nuovi parroci
all’inizio del servizio in una nuova comunità. Due zone hanno scelto l’accompagnamento spirituale
mentre una zona si è soffermata sulla formazione ecclesiale. L’ascolto dei partecipanti, suddivisi in
gruppi misti composti da presbiteri, religiosi e laici, ha seguito il metodo autobiografico, con
l’obiettivo di far emergere, dalle storie individuali, le caratteristiche di una guida spirituale.
Accompagnamento spirituale. Dalle diverse esperienze raccontate è emerso che non sempre il
cammino di avvicinamento a Dio è scaturito dall’ascolto di un’esigenza interiore ma è avvenuto
grazie all’incontro con persone che con la loro testimonianza hanno dato avvio ad una profonda
riflessione. Sono stati dei Sicomori, come nella pagina dell’incontro di Gesù con Zaccheo, per la
maggior parte familiari (genitori, nonni, una zia diventata suora o uno zio missionario) ma anche
sacerdoti, religiosi, catechisti e persone significative nel proprio percorso di formazione. Per altri è
stata l’adesione a vari gruppi di preghiera o il percorso di catechesi dei propri figli, per altri ancora
l’ascolto di una radio, un libro capitato tra le mani o lo sguardo profondo di qualcuno incontrato per caso che hanno contribuito ad accompagnare i momenti difficili. Le caratteristiche riconoscibili di tali accompagnatori (ascolto, empatia, accoglienza, ricchezza interiore, discrezione, umiltà, fede
semplice, coraggio, capacità di sostenere, farsi da parte) li rendevano ben lontani da quegli ostacoli
riconosciuti come ferite nel cammino (persone che creano dipendenza, che esprimono facili giudizi,
invadenti e con la pretesa di sostituirsi a Dio). Lungo i laboratori è emersa l’esigenza comune di
vivere un accompagnamento spirituale nella libertà, nel rispetto dell’altro, della sua interiorità e dei
suoi tempi di evoluzione ed anche la consapevolezza che il cammino di fede di ognuno non può
prescindere da quello della comunità tutta e dalla condivisione con altri.
Formazione ecclesiale. Tutti i partecipanti ai laboratori hanno riconosciuto che ciò che ha reso
significativa l’esperienza vissuta è stata l’occasione di confronto con altre persone, sia credenti che
di altre confessioni cristiane o non credenti, della stessa nazionalità o di nazionalità diverse. Ogni
esperienza ha fatto scoprire dei testimoni dando la possibilità a ciascuno di mettersi in discussione,
di approfondire la propria fede, di discernere e conoscere sé stessi, di diventare consapevoli della
necessità e dell’importanza del dono di sé agli altri quindi dell’attenzione all’altro. Ciascuno di questi sentimenti ha fatto venir fuori la necessità di una formazione continua (in varie forme: ritiri, Lectio Divina, studio dei documenti della Chiesa) per nutrire la propria vita interiore e meglio interpretare il dono di sé agli altri. Le caratteristiche di un buon formatore individuate dai partecipanti sono state:
essere testimone credibile, saper ascoltare e provocare, capace di empatia e di discrezione, saper
motivare ed entusiasmare. ll metodo della formazione condivisa (presbiteri, religiosi, religiose, laici
e laiche) è stato visto come opportunità di crescita per tutti. Condividere le esperienze interiori apre
ad una maggiore conoscenza personale tra i partecipanti. Tutto questo potrebbe agevolare una
maggiore complicità e aprire ad un più ampio coinvolgimento nelle scelte per condividerne anche le
responsabilità.

Cantiere degli organismi di partecipazione
(Tutte le zone pastorali)

Raccogliendo il suggerimento espresso nel testo di presentazione CEI I cantieri di Betania del mese
di luglio 20221, circa l’individuazione di un cantiere diocesano che rispondesse ad una delle priorità
emerse nella sintesi del primo anno del cammino sinodale (Impegno, giugno 2022), la nostra diocesi ha scelto di impostare il quarto cantiere sul rinnovamento dei diversi organismi di partecipazione (consiglio presbiterale, consigli parrocchiali, per gli affari economici, zonali, diocesano), alcuni dei quali in scadenza nell’anno pastorale 2022/2023. Il cantiere è stato condotto direttamente dall’equipe sinodale diocesana ed ha visto la realizzazione di un incontro di discernimento in tutte le dodici zone pastorali del territorio diocesano, a cui erano invitati i membri dei diversi consigli di partecipazione (parrocchiale, zonale, per gli affari economici). In altri due appuntamenti differenziati sono stati coinvolti i presbiteri (il 24/03/2023), chiamati ad esprimersi sui consigli di partecipazione e sul consiglio presbiterale, e i membri del consiglio pastorale diocesano (il 16/03/23). L’equipe ha predisposto tre schede differenziate per ognuno degli incontri, nelle quali erano riportate alcune sezioni degli statuti degli organismi coinvolti, parti specifiche della sintesi diocesana pubblicata a giugno 2022 dedicate al tema della corresponsabilità ed alcune domande per la discussione e il discernimento dei partecipanti.

Visione d’insieme
Nonostante le inevitabili difficoltà, connesse in particolar modo alla ripresa delle attività pastorali
dopo la pandemia, i diversi consigli sono ancora parte attiva del tessuto ecclesiale della diocesi.
Presenti praticamente in ogni realtà, pur con le debite differenze di vitalità e di conduzione, tali
organismi sono percepiti come luoghi possibili di incontro e di scambio, di confronto e di comunione, di discussione e discernimento a servizio delle comunità. Le finalità individuate negli statuti appaiono adeguate e positive, anche se, secondo alcuni contributi, poco attuate o per nulla concretizzate.
L’esperienza dei gruppi sinodali e il cammino avviato dal Sinodo sembrano aver attivato un
rinnovato entusiasmo e tracciato la strada per un nuovo metodo di conduzione.

Criticità emergenti
Dai contributi emergono una serie di criticità raggruppate attorno ad alcuni temi fondamentali tra loro connessi, tra i quali segnaliamo l’orizzonte motivazionale che caratterizza chi partecipa, il nodo tra ‘consultazione-deliberazione’ e lo scollamento rispetto ad altri organismi di partecipazione o al resto dell’azione pastorale.
Anzitutto, se è vero che i diversi consigli sono il luogo in cui vivere discernimento comunitario e
progettualità condivisa, allo stesso tempo risultano organismi da ‘disambiguare’ nella loro ragion
d’essere. Spesso caricati di aspettative eccessivamente elevate o di visioni oltremisura negative, il
loro andamento pone una domanda circa le reali motivazioni che sostengono (o minano) la
partecipazione dei membri. Sembra urgente, infatti, una simultanea conversione tanto da parte
dei laici quanto dei presbiteri: dei primi una conversione ad un senso di corresponsabilità sempre
più autentico, che li renda parte ancora più attiva dell’azione evangelizzatrice della chiesa; dei
presbiteri una conversione alla conduzione sinodale delle comunità, per affrontare sia l’inevitabile
tensione data dal dovere di ascoltare e dall’onere di decidere che il peso sempre maggiore delle
responsabilità legali e pastorali.
La seconda criticità, connessa a quella appena esplicitata, ruota attorno al nodo ‘consultazionedeliberazione’ segnalato in diversi contributi. Se è vero, infatti, come sostenuto da molti interventi, che organismi decisamente deliberativi favorirebbero una maggiore partecipazione e impegno da parte di tutti i membri, evitando il rischio di ‘abusi decisionali’ da parte dei presbiteri, secondo altri i consigli non sarebbero organi ‘democratici ma di comunione’2, di cui certamente i presbiteri non possono fare a meno, ma che non dovrebbero trasformarsi in luoghi di opposizioni e confronto tra maggioranze e minoranze di tipo parlamentare.
La terza ed ultima criticità è connessa alla frammentazione nel funzionamento dei diversi
consigli. Secondo alcuni, infatti, tra CPP, COPAE, CPZ e CPD non vi sono legami chiari così come
tra i diversi livelli delle iniziative (parrocchiale, zonale, diocesano, nazionale) e spesso i membri degli organismi appaiono confusi circa il proprio ruolo, soprattutto se presenti contemporaneamente in più consigli.

Suggerimenti
1. Metodo di conduzione, presidenza e discernimento comunitario

L’importanza dell’ascolto e della valorizzazione di tutti i partecipanti ai consigli vengono sottolineate praticamente in tutti i contributi. Lo stile suggerito per favorire questo tipo di partecipazione è quello dei gruppi laboratoriali (o sinodali, di studio, delle commissioni, dei tavoli…), sperimentati sia negli scorsi anni che lungo il percorso sinodale. Il ‘metodo sinodale’ permette tempi più distesi per il confronto, senza appesantimenti né frettolosità, valorizza il contributo di tutti, favorisce ‘il lento e delicato lavoro di consultazione e consiglio’, permette una maggiore consequenzialità tra gli incontri e facilita sintonia ed empatia fra i membri, evitando l’eccessiva burocratizzazione di tali organismi, segnalata in diversi contributi.
Da molti è vista positivamente l’eventuale introduzione della figura di un moderatore o
facilitatore, distinto dal presidente e dal segretario3. Sulla sua configurazione, tuttavia, emergono
visioni differenti: secondo alcuni dovrebbe essere eletto tra i membri stessi dei consigli (un ‘laico
autorevole’); per altri dovrebbe essere un incarico vissuto a turno da parte di tutti i membri; per altri ancora, viste le competenze richieste (gestione del gruppo e della comunicazione; coordinamento; supervisione), dovrebbe essere una figura esterna esperta nella facilitazione, sebbene vi sia la preoccupazione circa la costruzione di un rapporto di fiducia con una persona non direttamente coinvolta nella comunità. Non è mancato chi poi ha suggerito che tale funzione sia svolta da uno ‘staff di conduzione’ (o equipe interna al consiglio, o consiglio di presidenza ristretto, come nelle associazioni), a cui venga garantita una formazione specifica.
Sul tema del discernimento comunitario, è stata suggerita l’importanza di giungere gradualmente
all’elaborazione di orientamenti condivisi e scelti all’unanimità, per garantire credibilità al lavoro dei consigli. Di tali orientamenti dovrebbe farsi carico non solo il parroco o presidente4 ma l’intera
comunità. Questo tipo di discernimento potrebbe essere favorito da un lavoro a fasi distinte (es.: fase informativa; fase di discernimento e confronto; fase di discussione e approvazione / progetto; azione comunitaria; verifica).

2. Composizione e durata

Il tema della composizione dei consigli non sembra di facile risoluzione. Sebbene alcuni abbiano
evidenziato l’esigenza della più ampia rappresentatività possibile in ragione del legame con le
comunità e con la loro pluralità (come da art. 4 dello statuto del CPP), la maggior parte degli interventi era piuttosto convinto della necessità di un deciso snellimento numerico di ciascuna realtà consiliare (‘meno presenze, più competenze’ – ‘più qualità che quantità’), per non trasformarli ‘da organismi in assemblee permanenti’. In diversi si chiedevano se sia possibile ipotizzare vie nuove, sullo stile di quanto sperimentato in altre diocesi italiane. C’è chi ha proposto nuove modalità di rappresentanza in relazione alla grandezza delle comunità parrocchiali e chi una maggiore attenzione nella scelta dei 3 In un contributo veniva suggerito che la figura del moderatore non solo affianchi ma rivesta il ruolo stesso di presidente al posto del
parroco, in previsione del drastico calo numerico dei presbiteri che si intravede per i prossimi anni.

Due indicazioni inoltre sono emerse con una certa frequenza. Anzitutto la poca rappresentanza
giovanile nei consigli (segno di comunità invecchiate e poco attrattive, con conseguente mancanza
di creatività) e in secondo luogo l’esigenza di coinvolgimenti esterni, distanti dalle comunità (realtà
locali associative, politiche, culturali, imprenditoriali), come sperimentato lungo il primo anno
sinodale, per una progettazione pastorale più ampia e condivisa.
Alcuni suggerimenti prendevano in considerazione il funzionamento ‘tecnico’ dei consigli: in due
contributi era suggerito di ridurre a 3 gli anni di mandato (a differenza dei 5 attuali); di prendere sul serio la ‘decadenza’ dopo tre assenze consecutive non giustificate; di limitare a due i mandati
consecutivi, così da stimolare un ricambio generazionale; di modificare la rappresentanza delle
associazioni, permettendo a queste ultime di eleggere un rappresentante, per non oberare
ulteriormente i presidenti delle diverse realtà associative.

3. Formazione
Da molti contributi è richiesto un deciso investimento sul tema della formazione alla partecipazione.
Secondo alcuni, dovrebbe essere prevista nello stesso statuto dei consigli la garanzia e l’obbligo di
una formazione permanente dei componenti, laici e presbiteri insieme, a cura della diocesi5 o di
una figura ad hoc che funga da formatore, che vada oltre la sola preparazione introduttiva di inizio
mandato, pur ritenuta necessaria. Tale processo formativo dovrebbe prevedere un doppio livello:
1. livello base: identità e fini, funzioni e modalità, obiettivo e missione dei consigli, con riferimenti
magisteriali e canonici, per lo sviluppo di competenze di base e per evitare fraintendimenti circa il
proprio ruolo;
2. livello avanzato: dovrebbe facilitare la collaborazione; abituare a lavorare in gruppo e a
percepirsi ‘custodi della comunione della comunità’; incidere sulla motivazione alla partecipazione;
riconoscere dinamiche relazionali e di comunità; sviluppare ‘antenne percettive’ circa il proprio
territorio di riferimento.
Non è mancato chi provocatoriamente esortava ad una visione realistica circa il tema della
formazione: non sempre le proposte sono accorsate, portate a termine da parte di chi vi aderisce e
coordinate tra loro. Secondo alcuni, ‘l’unica vera formazione è l’autoformazione’ che conduce ad una rilettura delle esperienze e al cambiamento di prassi, atteggiamenti e modi di fare. ‘Senza la decisione personale di autoformarsi nulla cambierebbe’.

4. Cura dei legami, comunicazione e trasparenza

L’esigenza di una maggiore integrazione tra i diversi organismi è stata sottolineata in diversi
contributi. Pur non essendo ordinati gerarchicamente tra loro, quasi fossero concepiti in ordine di
importanza, molti hanno evidenziato quanto una maggiore comunicazione tra i diversi organismi (in particolare tra CPP e COPAE, tra CPP e consigli associativi, tra CPP e CPZ, tra CPD e Consiglio
Presbiterale) potrebbe rafforzare senso di comunione e unitarietà. La frammentazione potrebbe essere superata, secondo alcuni, curando maggiormente i legami e la comunicazione tra le diverse realtà (qualcuno suggeriva l’introduzione della figura del ‘responsabile della comunicazione’ nei diversi consigli); secondo altri, attraverso la redazione di un progetto pastorale diocesano che fungerebbe da carta di riferimento per i consigli e da strumento di verifica della loro azione; secondo altri ancora attraverso l’elaborazione di uno ‘statuto unico’ garante dell’interazione tra i consigli, uno strumento che permetta di esplicitare e allargare a tutti gli organismi i verbi contenuti nell’art. 3 dello statuto del CPP (studiare; formulare; contribuire).
Anche il tema della trasparenza, soprattutto economica, è ritornato diverse volte6. Sebbene molte
comunità pubblichino costantemente rendiconti e bilanci (bacheche; foglietti o giornalini
parrocchiali; canali social), in molte altre il COPAE rischia di ridursi al ruolo di comparsa (‘veniamo
convocati solo per la sottoscrizione del bilancio’) e il CPP o la comunità invece ai ‘grandi assenti’
delle questioni economiche.

Conclusione:

Le ‘buone pratiche’ da continuare

Al termine di questo secondo anno sinodale, tra le tante iniziative ed esperienze attivate, alcune
risultano più significative per la continuazione a livello diocesano e per la condivisione a livello
nazionale, anche in vista della fase sapienziale e profetica del cammino sinodale.
Innanzitutto ricordiamo il metodo dei cantieri come è stato interpretato dalla nostra diocesi. Il
lavoro ‘per cantieri’ era iniziato nella nostra diocesi dal 2017, dopo il Convegno di Firenze. Allora
abbiamo cominciato, come uffici di curia, a programmare e proporre alcuni ‘cantieri’ insieme, cioè
dei progetti che mettessero gli uffici insieme su alcuni temi e che venissero proposti alle zone
pastorali, chiamate a scegliere insieme quali progetti portare avanti a livello zonale. Questo modo di
programmare il lavoro degli uffici di curia aveva l’obiettivo di favorire, intorno ai cantieri, un doppio movimento ‘sinodale’: la ‘sinodalità’ tra gli uffici, nelle loro programmazioni e proposte comuni, e la ‘sinodalità’ tra parrocchie in una stessa zona pastorale, nella scelta dei cantieri. Questo metodo, interrotto per il Covid e ripreso con i cantieri di Betania, seppure con problematicità e resistenze, può rappresentare un modo per aiutare gli uffici di curia a camminare più insieme tra loro e con le realtà locali, e per invogliare a camminare più insieme le parrocchie che vivono un medesimo territorio.
Questa è l’esperienza particolarmente significativa che consegniamo a livello nazionale, come
richiesto dalle indicazioni ricevute.
Una secondo apprendimento significativo di questo biennio narrativo per la nostra diocesi è quello
che abbiamo imparato dall’esperienza dell’ascolto e del dialogo con i mondi “altri” (non a caso il
primo cantiere è stato quello più scelto dalle zone pastorali): associazioni, istituzioni, mondo
scolastico, della politica, del volontariato, delle povertà, dei giovani ecc. Questi mondi verso i quali
ci siamo diretti, e che più raramente entrano in dialogo con il mondo ecclesiale, hanno risposto
generalmente in maniera positiva ai nostri inviti e ci hanno rimandato di aver sperimentato l’incontro con una chiesa ‘diversa’, più disponibile all’ascolto e alla collaborazione. Ci hanno anche chiesto di metterci insieme per perseguire obiettivi comuni e lavorare insieme ad alcuni progetti. Questa sarà una strada da continuare e approfondire nei prossimi passi del cammino.
Infine, la scelta diocesana del quarto cantiere sugli organismi di partecipazione sarà una scelta
sulla quale continueremo a lavorare nelle prossime fasi: innanzitutto perché questi organismi sono
riconosciuti e desiderati come spazi del discernimento comunitario e della progettazione pastorale
(cf. secondo cantiere), un esercizio a cui ci chiama il cammino sinodale e in particolare la fase
6 La sezione ‘Discernere e decidere’ della sintesi diocesana pubblicata su Impegno a giugno 2022 conteneva numerosi riferimenti simili
in merito al tema della trasparenza.