Omelia Ordinazione Presbiterale di don Martino Frallonardo

Omelia
21-09-2022

 È una pagina autobiografica quella ascoltata poc’anzi. Matteo ci ha narrato in rapide pennellate l’evento che gli ha cambiato la vita: l’incontro con Gesù. Il suo sguardo e una sua parola, “seguimi”, gli hanno rivoltato la vita, orientandola verso un nuovo orizzonte che gli avrebbe dato pienezza di senso. Da pubblicano a discepolo: in pochi istanti questo è il percorso che ha fatto. Seduto al banco delle imposte, preso dalle sue sicurezze e dal suo tornaconto, gli bastano due occhi che lo fissano e lo catturano, per alzarsi e seguire Gesù. Miserando atque eligendo! “Lo guardò con sentimento d’amore e lo scelse” (S. Beda il Venerabile). La proposta del maestro lo raggiunge in un momento in cui la sua vita è tutta presa dalla frenesia del possesso. Esattore delle imposte e colluso con i romani, non gli manca nulla. È ricco! La sua attività gli procura benessere ed egli certamente si crogiola nelle sue sicurezze. Ma quello sguardo non lo lascia indifferente. Ha fascino e cattura. Non può far finta di niente e segue quel Rabbì, per il quale un giorno darà la sua vita. Come continua a commentare S. Beda il Venerabile, la proposta di Gesù “Seguimi” è un invito ad imitarlo. “Seguimi, disse, non tanto col movimento dei piedi, quanto con la pratica della vita. Infatti, ‘chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato’ (1Gv 2,6)”.

Passi nuovi sono quelli che egli muove, passi che al momento non sa dove lo porteranno. Sa solo che la luce ha fatto irruzione nel suo cuore, dandogli una sana inquietudine che fa emergere tutto quel vortice di domande che da sempre lo accompagnano. In un attimo quelle domande che riguardano il senso e il valore della vita hanno una risposta: è Gesù, colui che è verità, che può finalmente affrancarlo da quelle catene invisibili che lo tenevano prigioniero, provocandogli insoddisfazioni e paure. La libertà che riacquista lo porta a voler condividere la gioia, che ora possiede in pienezza, con gli amici che egli frequenta e che come lui vivono drammi interiori. Sono pubblicani e peccatori che raggiungono la casa di Matteo, si assidono alla tavola e partecipano alla festa della vita. Anch’essi vengono conquistati da Cristo perché sentono che stando a contatto con Lui, Egli li sta guarendo con la medicina della misericordia.

Carissimi, in questa Liturgia noi stiamo celebrando la misericordia di Dio, che ha il volto di Gesù di Nazaret. Matteo – e con lui gli altri pubblicani e peccatori – rinasce attraverso l’accoglienza, fatta di bontà e di tenerezza, che Gesù gli riserva. Ogni incontro con Cristo cambia la vita, facendole fare un salto di qualità! Nulla rimane come prima. Per Matteo l’incontro è stato talmente coinvolgente che non solo abbandona il suo passato ma dà un orientamento nuovo alla sua esistenza: diventa discepolo e dal Maestro viene cooptato nel gruppo degli Apostoli, arrivando ad essere testimone di quanto Gesù ha detto e fatto. La sua testimonianza diretta ha attraversato i secoli per giungere sino a noi attraverso quello che noi chiamiamo il Vangelo secondo Matteo. Il suo Vangelo è Parola di Dio, Parola viva che scuote le coscienze, che permette di riassaporare la freschezza e la bellezza degli eventi che vengono narrati, rendendoli attuali. Lo Spirito, che vivifica la Parola, fa’ sì che quanto ascoltiamo non sia retaggio del passato ma esperienza offerta oggi al credente che vuole incontrare il Signore. E oggi siamo noi protagonisti di questa pagina evangelica.

Noi stasera stiamo vivendo un momento di grazia che riguarda certamente la vita di un giovane, il nostro caro don Martino, però prima ancora è un evento che coinvolge tutti i noi, che partecipiamo alla Liturgia. Tutti abbiamo fatto esperienza di incontro con il Signore Gesù, in ogni stato di vita, e tutti siamo stati conquistati dal suo sguardo misericordioso. Ripensiamo con gratitudine a quel momento che ha segnato la nostra vita e ripartiamo con la consapevolezza che “misericordiati” – come usa dire Papa Francesco – siamo chiamati a trasmettere misericordia.

Vorrei però che stasera innanzitutto noi presbiteri vivessimo questo momento non come semplice occasione per esprimere amicizia e affetto a don Martino ma come dono che la Provvidenza ci offre per rinnovare la nostra gioiosa adesione al Signore Gesù. Il nostro essere preti è frutto della sua chiamata e non di una nostra scelta, nata per caso. Oggi come ieri, il Signore passa, volge il suo sguardo e chiama. Ognuno di noi potrebbe raccontare di quel momento unico, entusiasmante, irripetibile, in cui lo sguardo del Maestro ha accarezzato la vita e ci siamo arresi alla forza del suo amore. Da lì è iniziata un’avventura che ci ha portato ad una conoscenza sempre più profonda del mistero di Cristo, che è poi sfociata nella decisione di metterci alla sua sequela. Cari fratelli presbiteri, mentre accompagniamo Martino in questo passaggio importante della sua vita, facendo memoria del dono da noi ricevuto, sosteniamolo con la gioia del nostro essere preti, con la passione per il ministero che ci mette a servizio del popolo santo di Dio, con il coraggio che nasce dal sapere che il Signore ci ha riempiti del suo Spirito, che in noi fa’ meraviglie se non poniamo ostacoli alla sua azione.

Nel segno dell’imposizione delle mani e nell’abbraccio fraterno che scambieremo con lui, vogliamo trasmettere a Martino il calore della nostra fraternità presbiterale. Pensando allo sguardo di misericordia di Gesù, da cui è nata la nostra vocazione e che continuamente si rinnova quando ci lasciamo toccare dalla Grazia che santifica, vogliamo dire a Martino che è stupendo essere prete e che vale la pena lasciare tutto per Lui. In particolare, vogliamo trasmettere a Martino la nostra convinta dedizione alla causa del Vangelo, che ci porta a spenderci senza misura nell’impegno dell’evangelizzazione, primo compito di ogni chiamato. Ce lo ha ricordato l’Apostolo Paolo nel brano della Lettera agli Efesini quando, parlando delle diverse vocazioni, le presenta tutte come legate al ministero dell’annuncio della Parola: “A ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo” (Ef 4,7. 11-12).

Caro Martino, questo ti attende da oggi in poi. Il Signore ti innesta con l’Ordinazione presbiterale in quell’organismo vivo che è il Presbiterio, perché insieme al Vescovo e ai Presbiteri, tu possa essere a servizio di questa nostra amata Chiesa di Conversano-Monopoli. Vivendo questa tua dedizione alla nostra comunità diocesana, ricorda che tu servi l’intera Chiesa di Cristo e tutti, grazie al tuo ministero, vissuto con cuore sempre giovane, potranno arrivare all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la pienezza di Cristo (cf Ef 4,13). Mentre a tutti i Confratelli dico di accogliere questo nuovo innesto con fraterna amicizia, a te caro Martino, chiedo di farti prossimo a ciascuno di questi fratelli che da oggi ti appartengono, senza escludere nessuno. Essere prete, caro Martino, non è un navigare in solitario nel mare della storia. È invece un andare insieme nella stessa barca, la Chiesa, popolo santo di Dio, fatta di fedeli laici, di consacrati e di pastori, che affronta, sospinta dal vento dello Spirito, anche le tempeste più devastanti che possono all’improvviso presentarsi. La comunione è il segreto per dare fecondità al nostro ministero. E la comunione si realizza attraverso le quattro vicinanze che il Santo Padre continuamente propone ai Sacerdoti e che io oggi consegno a te: vicinanza a Dio, al Vescovo, ai Confratelli presbiteri e al popolo di Dio. Sono tutte e quattro fondamentali e nessuna di esse può essere esclusa.

Non lasciarti prendere dalla tentazione dell’isola-mento, perché essa è preludio alla sterilità ministeriale. Non allontanarti dal Signore Gesù, il Risorto, il Medico divino, il Volto visibile della misericordia del Padre. Cercalo nella preghiera e, dopo averlo ascoltato nella Parola, gusta la sua amicizia nell’Eucarestia, intrattenendoti con lui, senza lasciarti prendere dalla fretta delle cose da fare. Solo così potrai diventare testimone del Risorto, come lo è stato Matteo, come lo sono stati gli altri Apostoli. “Noi Pastori – afferma Papa Francesco – abbiamo questa responsabilità di essere testimoni: testimoni che il Signore Gesù è vivo, che il Signore Gesù è risorto, che il Signore Gesù cammina con noi, che il Signore Gesù ci salva, che il Signore Gesù ha dato la sua vita per noi, che il Signore Gesù è la nostra speranza, che il Signore Gesù ci accoglie sempre e ci perdona. La testimonianza. La nostra vita deve essere questo: una testimonianza. Una vera testimonianza della risurrezione di Cristo” (Omelia a S. Marta, 22.01.2016). Questo è il cuore del nostro essere preti! Se non incontriamo Cristo, se non testimoniamo Cristo, se non portiamo la luce e la speranza che solo lui può dare, soprattutto tra i tanti piagati nel corpo e nello spirito che, come Lazzaro della parabola evangelica di domenica prossima, giacciono alle porte delle nostre Città, noi rendiamo vano il nostro ministero.

Siamo preti per Cristo e per i poveri, non per noi stessi, per un nostro tornaconto o un nostro interesse. Vivi la gioia di liberarti di ogni zavorra che ti lega al tuo orgoglio e vola alto nel cielo dell’amore. Sii prete che ama, che ama tutti senza escludere nessuno; sii prete che si ferma con tenerezza accanto alle sofferenze dei fratelli e delle sorelle; sii prete che vuol fare la volontà di Dio e non la propria; sii prete che non rifugge la precarietà e non cerca le sicurezze umane; sii prete che ha sempre le braccia aperte per accogliere, ascoltare e consolare; sii prete che perdona e non serba rancore; sii prete che annuncia la misericordia e la dona nel sacramento della Riconciliazione; sii prete che sa guardare lontano nell’orizzonte della storia e legge tutto nella luce di Dio, o come dicevano gli antichi maestri: sub specie aeternitatis.

Caro don Martino, inizia questo viaggio stupendo nel ministero presbiterale e lasciati condurre per mano da Maria, la Madonna della Vetrana, che tu hai imparato a conoscere e ad amare nel Santuario della Città. Se ti lascerai custodire e guidare da Lei sii certo che ogni fatica ti sembrerà leggera e ogni fallimento occasione per ripartire e al Cuore di questa Madre comune affido tutti coloro che ti sono stati vicini nella vita: i tuoi genitori e la tua famiglia, il tuo parroco e i tuoi amici di parrocchia, i tuoi formatori e i tuoi iniziatori al ministero. Sono stati tanti e tutti ringrazio dal profondo del cuore.