Omelia ordinazione presbiterale di don Tommaso Greco

VI Domenica di Pasqua
13-05-2023

La gioia della Pasqua, che ci sta accompagnando in questi giorni, è oggi arricchita dall’evento della Ordinazione presbiterale di don Tommaso, che è sì dono fatto alla sua persona, ma prima ancora è dono fatto alla Chiesa, che lo accoglie come figlio chiamato a divenire pastore. Carissimi, il Signore Gesù, il Risorto, è la fonte della nostra gioia ed egli vive nella sua Chiesa! Egli è qui tra noi e noi diveniamo suo corpo, Chiesa viva, solo se ci manteniamo uniti a lui, come i tralci alla vite (cf Gv 15,5). Vorrei con voi condividere innanzitutto questo atto di fede sulla presenza certa del Signore Gesù in mezzo a noi, perché senza questa consapevolezza non avrebbe senso ciò che oggi si compie.

L’ordinazione di don Tommaso non è il reclutamento di un nuovo operaio per mandare avanti un’azienda che ha bisogno di forza lavoro per svolgere le proprie attività. È invece il segno che la Chiesa è animata dalla presenza indefettibile del Signore Gesù che continua a rendere feconda la comunità riunita nel suo nome. Sì, perché la Chiesa è chiamata ad essere feconda nella generatività della fede, da trasmettere come eredità preziosa tra i credenti. Solo il Signore Gesù, con la forza del suo Spirito, rende capaci i suoi discepoli di far passare di generazione in generazione la luce della fede, mantenendola sempre viva: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità. […] Egli rimane presso di voi e sarà con voi” (Gv 14,16-17), abbiamo ascoltato poc’anzi nel brano evangelico.

Lo Spirito Paraclito, che il Padre dona in abbondanza, fa presente il Risorto nella Chiesa, rendendola non retaggio del passato ma comunità carismatica dove tutti sono a servizio del Vangelo. Il Battesimo, dono fontale dato a tutti i credenti in Cristo, e le diverse vocazioni che da esso scaturiscono sono a servizio della trasmissione della fede. La chiamata al ministero ordinato – e oggi, attraverso l’imposizione delle mani del Vescovo e la preghiera di ordinazione, stiamo celebrando il compimento della chiamata in Tommaso – ha ragion d’essere solo nel contesto della missione evangelizzatrice della Chiesa. Se il chiamato non si mette a servizio dell’annuncio del Vangelo, snatura la propria identità. Se il chiamato non evangelizza, amando con il Cuore di Cristo i fratelli e le sorelle che gli sono affidati, rischia di essere un semplice propagatore di nozioni e idee religiose. Come sono vere, a questo proposito, le parole dell’apostolo Paolo: “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita” (1Cor 13,1)! Sì, il chiamato è un testimone e non un funzionario, un servitore dei fratelli e delle sorelle e non un manager che mantiene in vita un ingranaggio di attività che vengono dal passato e rischiano di non dire nulla all’uomo contemporaneo.

La pagina degli Atti degli Apostoli, ascoltato nella prima lettura, ci lascia intravedere tutto questo. Filippo, che predica il Cristo in una città della Samaria, suscitando attenzione tra le folle, è animato da grande entusiasmo nel far conoscere la Parola di Dio. Pietro e Giovanni, che scendono da Gerusalemme in Samaria per completare l’opera di Filippo, invocando sui nuovi battezzati lo Spirito Santo, sono spinti da quel fuoco che aveva acceso nel loro cuore il Maestro sin da quando li aveva chiamati a seguirlo, perché condividessero la vita con lui dopo aver lasciato ogni cosa per amore suo. Nulla poteva ormai più fermarli nell’annuncio della Parola e nella trasmissione della fede, nemmeno le prove, nemmeno le persecuzioni, che presto si sarebbero scatenate contro i discepoli del Crocifisso Risorto. A farsene eco è ancora l’apostolo Pietro, che scrivendo ai cristiani dalla prima generazione li incoraggia a non lasciarsi sopraffare dalla paura: “Chi potrà farvi del male, se sarete ferventi nel bene? Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi!”. E aggiunge – è il brano ascoltato nella seconda lettura – “Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1Pt 3,13-15). Dal Signore Gesù, e solo da lui, può venire il coraggio e la parresia, necessari per esercitare ogni tipo di ministero nella Chiesa, senza mai dimenticare che ogni ministero, come ogni dono dello Spirito, è per l’utilità comune (cf 1Cor 12,7). Attingendo da lui l’energia spirituale, il chiamato può spendersi per edificare la Chiesa attraverso l’annuncio della Parola e la celebrazione della Pasqua, che si attua nei Santi Misteri. Così rende ragione della speranza che abita il suo cuore.

Carissimo don Tommaso, come si evince dall’immaginetta ricordo, dalla liturgia odierna hai attinto il programma per la tua vita sacerdotale e per il tuo ministero, in modo particolare dalle parole dell’apostolo Pietro, poc’anzi richiamate. Hai scelto bene! Sì, caro Tommaso: adora – ma possiamo anche dire secondo il significato che la parola ha nel testo originale – santifica, glorifica Cristo nel tuo cuore, perché solo così riuscirai a diffondere speranza in tutti coloro che accosterai nel tuo ministero. Trasmettere la fede altro non è che aiutare i fedeli a leggere la vita sub lumine Domini, il solo che fa guardare al di là dell’orizzonte della prova in maniera serena. Ed è questa la speranza cristiana: scorgere i segni di Dio anche nel buio! Quando le sicurezze umane sembrano crollare, c’è la roccia che è Dio; quando si è soffocati dalle paure e dalle contraddizioni, l’ancora di salvezza è la forza che scaturisce dalla Pasqua di Cristo. Sii pronto allora a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in te, contagiando il mondo con il profumo della risurrezione di Gesù; devi far sentire che lui è vivo e che lo hai incontrato. Oggi non sei qui perché hai concluso un periodo di formazione – come può accadere in qualsiasi realtà umana che si rispetti – e quindi sei abilitato, idoneo, ad assumere delle responsabilità ecclesiali. Sei qui perché sei stato conquistato da Cristo (cf Fil 3,12) e per lui hai lasciato perdere tutto, considerando tutto spazzatura pur di conoscerlo, di guadagnarlo e di conformarti a lui (cf Fil 3, 8-9). Lo affermi tu stesso nella domanda per l’Ordinazione, dove richiamandoti all’esperienza dell’Apostolo “non sono più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20), dici: “è così che intendo il ministero presbiterale: lasciare che Cristo viva in me perché ogni mia parola, ogni mia azione abbia come unico fine quello di mostrare il suo volto”.

Se nel tuo cuore non ci fosse questo amore appassionato a Cristo, non avrebbe senso l’accesso al ministero ordinato. Tutto nasce da lì! “Maestro dove dimori? Disse loro: venite e vedrete. Andarono e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio”: così Giovanni ricorda il primo incontro di due discepoli (uno potrebbe essere proprio lui) con Gesù, incontro che poi ha impresso una svolta alla loro vita. Certamente ricordi anche tu quell’ora precisa che ha lasciato una traccia indelebile nella tua vita, quell’ora in cui i tuoi occhi si sono incrociati con gli occhi del Maestro, dando inizio a quell’avventura stupenda della sequela che oggi ti ha portato a un punto di svolta nella vita.

Oggi raccogli ciò che hai ricevuto in dono negli anni della formazione iniziale al ministero, anni lunghi e faticosi certamente, ma soprattutto anni entusiasmanti e ricchi di grazia perché ti hanno permesso di aprire il tuo cuore a Cristo, facendoti maturare la decisione di dire di sì a lui. E qui, con te, penso con gratitudine a questa tua parrocchia dove hai vissuto, insieme all’indimenticato don Giovanni Martellotta all’inizio e poi con don Leonardo Sgobba, i primi passi vocazionali, resi possibili grazie anche a quanto hai ricevuto nella tua famiglia da papà Cosimo e da mamma Elìa, che dal cielo, nella comunione dei Santi, è con noi a gioire per il dono che ricevi. Il seme della chiamata l’hai poi coltivato dapprima nella verifica vocazionale compiuta in diocesi e successivamente nel Propedeutico e nel Seminario regionale a Molfetta. Hai incontrato educatori che ti hanno formato, come il sacerdote Eli con il piccolo Samuele (cf 1Sam 3,1-10), ad aprire il tuo cuore alla voce di Dio per aderire a quanto lui ti chiedeva. Sono certo che grazie anche al cammino compiuto continuerai a non lasciare andare a vuoto una sola delle parole che il Signore vorrà ancora donarti (cf 1Sam 3, 19) e che certamente ti donerà.

A tutti quelli che ti hanno accompagnato in questi anni, sia in diocesi sia a Molfetta, voglio dire il grazie mio e dell’intera nostra Chiesa, incoraggiandoli a lavorare con passione nel servizio alle vocazioni. Ora anche tu sei stato coinvolto nella splendida avventura di stare con i ragazzi e i giovani che vivono un tempo di discernimento nel Seminario diocesano. Forte di quanto hai ricevuto, insieme a don Pierpaolo e a don Stefano, mettiti con premurosa disponibilità accanto a coloro che ti sono stati affidati, perché con il tuo esempio contagioso anch’essi possano incontrare lo sguardo di Gesù che invita a seguirlo. Ricorda a questo proposito quanto dice ancora San Giovanni nel Vangelo poc’anzi richiamato. Andrea incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: abbiamo trovato il Messia! e lo condusse da Gesù, che fissando lo sguardo su di lui, gli disse: tu sei Simone, sarai chiamato Cefa (cf Gv 1,40.42). Da quello sguardo e da quel nome pronunziato dal Maestro inizia per Pietro una storia d’amore, che, dopo alterne vicende di luci e di ombre, doveva concludersi con il dare la vita per Gesù.

Lo condusse da Gesù: questo è il compito di ogni presbitero, questo sia la tua aspirazione con tutti, caro Tommaso, in Seminario e in parrocchia, con i piccoli e i giovani ma anche con gli adulti e con gli anziani. Privilegia in questo accompagnamento i più fragili, quelli che hanno perso il gusto per la vita e che faticano a stare in piedi. Affina il tuo udito per percepire le flebili voci di chi bussa al tuo cuore, chiedendoti di essere aiutato a sperare. La presenza di Gesù tenga viva in te la gioia della speranza. Incontrandoti, tutti si sazino con il pane della speranza che moltiplicherai e condividerai con larghezza. Non essere frettoloso con nessuno, non passare oltre quando vedi qualcuno che giace ferito lungo le strade della vita. Non dimenticare lo stile indicato da Gesù nella parabola del Buon Samaritano, con la successione di quei gesti compiuti verso il malcapitato (cf Lc 10,33-35). Sia vissuta così ogni tua relazione pastorale. Fai tutto con amabilità e tenerezza, sempre con il sorriso e con le mani operose che versano sulle ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza (cf Prefazio comune VIII).

Caro don Tommaso, tra qualche istante saremo coinvolti nell’esperienza soprannaturale della trasformazione della tua esistenza, che sarà resa icona di Cristo Buon Pastore. Con gli occhi, con l’udito e con il cuore seguiremo il rito, con la fede coglieremo il passaggio dello Spirito nella tua vita. Sì, sarà lo Spirito Santo a compiere il prodigio attraverso l’imposizione delle mie mani e la preghiera della Chiesa. Il Crisma poi consacrerà le tue mani rendendole capaci di gesti di amore oblativo, ricordando sempre che non c’è amore più grande del dare la vita. Per questo chiederemo al Signore Gesù di custodirti “per la santificazione del suo popolo e per l’offerta del sacrificio”. Sia la celebrazione della Messa ogni giorno la scuola in cui impari da Gesù a consumarti nell’amore e a farti pane di fraternità.

Caro don Tommaso, lasciati custodire dal Signore Gesù e non anteporre nulla al suo amore. Cerca il suo volto nella preghiera, intrattieniti con lui nella contemplazione adorante dell’Eucarestia, sperimenta la sua misericordia nel sacramento della Penitenza, perché quanto più gusterai nel ricevere tu per primo il perdono, tanto più lo farai gustare ai fedeli, che hanno il diritto di ricevere da te e da tutti noi sacerdoti il dono della riconciliazione. Reso nuovo dall’incontro con il Vivente, coltiva rapporti di comunione con tutti: con il Vescovo, con i confratelli Presbiteri e con i diaconi, con i consacrati e con i fedeli laici. Non alzare mai muri, crea piuttosto ponti di amicizia fraterna. Ricorda che senza comunione con la Chiesa particolare in cui il Signore ha innestato il tuo ministero, il tuo sacerdozio è destinato ad essere sterile e, senza frutto, diventerebbe insipido e insignificante e farebbe più male che bene. Abbi il coraggio di fare sempre il primo passo nella fraternità. Non te ne pentirai e sarai benedetto da Dio.

Cari fratelli e sorelle, insieme rendiamo grazie a Dio per quanto stiamo vivendo stasera. Don Tommaso è un dono per la nostra Chiesa diocesana e noi lo accompagniamo nel ministero con la preghiera. Lo affidiamo a Maria, la Regina della pace, che oltre un secolo fa si manifestò ai pastorelli di Fatima per far giungere alla Chiesa e all’umanità un messaggio di speranza. Accogliamo il suo invito a pregare per la pace soprattutto con il Rosario, che sempre più deve cadenzare le giornate di noi preti e di tutti i fedeli.

Maria, madre nostra dolcissima, vegli su di te, caro don Tommaso, e su tutti noi e ci renda sempre gioiosi nel testimoniare la bellezza della fede. Amen.

alberobello