Omelia Ordinazione Presbiterale di Don Antonio Esposito

02-06-2017

 

Grande è la gioia della nostra Chiesa di Conversano-Monopoli questa sera, vigilia della grande solennità di Pentecoste, compimento della Pasqua di Cristo e memoriale del dono dello Spirito Santo. Un figlio di questa Città, il carissimo don Antonio Esposito, viene ordinato presbitero. Con l’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione, verrà riempito di Spirito Santo e reso segno vivo del Buon Pastore, strumento della tenerezza e della misericordia del Padre per tutti gli uomini. Alla gioia della nostra Chiesa si uniscono in tanti, a cominciare dalla comunità del Pontificio Seminario Regionale di Molfetta, guidata dal Rettore don Gianni Caliandro, a cui rivolgo il saluto affettuoso, insieme alla gratitudine per quanto lui e gli altri educatori hanno fatto per la formazione al Presbiterato di Antonio, portando a compimento un percorso già avviato nel nostro Seminario minore.

Non posso non menzionare in questo momento anche tutti coloro che negli anni si sono affiancati ad Antonio per sostenerlo sia nella formazione al ministero sia nella lotta che egli sta portando avanti con coraggio e tenacia contro la malattia. La famiglia, in particolare papà Alfredo e mamma Rosa Maria, che ringrazio di cuore per il figlio che donano alla Chiesa; il parroco, don Giancarlo Carbonara, e i sacerdoti della Città; il personale medico e paramedico, gli amici di parrocchia e di seminario: in tanti gli fanno corona stasera, donandogli il calore dell’affetto e il sostegno della preghiera. Carissimo Antonio stai lottando con incredibile energia e sono certo che – oltre ai mezzi forniti dalla medicina – la forza la attingi dal desiderio di spendere la vita per il Vangelo, perché vuoi essere buon samaritano di fratelli e sorelle che come te e con te sono visitati dalla prova.  Anche noi stiamo lottando con te soprattutto con la preghiera, che è l’arma più potente che abbiamo per sconfiggere ogni tipo di male; e anche oggi, da questo altare, da questa assemblea orante voglio far giungere al cuore di Dio l’accorata invocazione perché dia a te e a noi la gioia di vedere finalmente debellata la malattia. Ne siamo profondamente convinti: a Dio nulla è impossibile. Per questo, per le mani di Maria, chiediamo questo dono, che non potrà non essere di grande beneficio per l’intera Chiesa.

Oggi si compie nella tua vita la parola profetica di Isaia, ascoltata nella prima lettura. È vero, questa profezia si è realizzata anzitutto in Gesù, come egli ebbe a dire quel sabato di 2000 anni fa nella sinagoga di Nazaret. Però in Lui, primogenito di una moltitudine di fratelli, tutti i battezzati sono chiamati a rivestirsi dello Spirito del Signore per andare a portare il lieto annuncio della salvezza a tutti gli uomini, in qualsiasi condizione di vita si trovino.  Ma, tra i battezzati, una particolare effusione dello Spirito Santo viene concessa a coloro che, scelti dal Signore Gesù e da Lui chiamati amici, sono inviati per essere annunciatori e testimoni della gioia del Vangelo come maestri, sacerdoti e pastori. La tua umanità, fragile e limitata, viene riempita dallo Spirito, che trasforma in profondità le fibre più intime del tuo essere. Non è un’unzione superficiale che avviene: è tutta la tua persona ad essere rinnovata e tu esci stasera da questa celebrazione cambiato totalmente, perché vieni configurato a Cristo sommo ed eterno sacerdote, che d’ora in poi si servirà di te per “portare il lieto annuncio ai miseri e fasciare le piaghe dei cuori spezzati, (…) per consolare tutti gli afflitti, dando loro olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto” (cf Is 61,1-3).

Come vedi, caro don Antonio, ti attende un ministero entusiasmante, perché il Signore ti chiede di essere annunciatore della gioia. Non una gioia fugace e senza radici, perché legata a ciò che piace all’istinto e che vola via in un attimo, bensì la gioia del Vangelo, quella che nasce dall’incontro vivo con il Risorto, colui che consola perché ha parole vere, parole che danno senso pieno all’esistere umano. È chiaro che per fare questo devi essere innanzitutto tu ricolmo della gioia del Vangelo. E la gioia del Vangelo ti viene dall’aver fatto spazio a Gesù nella tua vita. Gesù deve aver preso dimora in te, devi sentirti amato da Lui, il tuo cuore deve avvertire i fremiti di una intima comunione di vita con Lui. La gioia che deve abitarti nasce da questa esperienza entusiasmante, perché se Gesù sarà in te, naturalmente il tuo volto sarà luminoso e più delle parole parleranno i tuoi occhi, che brilleranno di eternità. E la gioia con cui evangelizzerai ti porterà a vedere la luce anche lì dove, a prima vista, tutto potrà sembrare tenebroso. Uno dei limiti più evidenti nell’evangelizzatore – e soprattutto in un presbitero – è il pessimismo! Si vede sempre e solo il limite – il più delle volte negli altri e mai in sé! L’evangelizzatore autentico è colui che sa scorgere i segni di Dio ovunque, sapendoli leggere con i criteri evangelici. È colui che sa godere del bene presente in ogni persona e in ogni evento, che sa scorgere i germogli della primavera in mezzo alle tempeste, che sa sperare contro ogni speranza perché crede fermamente che il mondo è stato redento in Cristo Gesù e tutto è stato in Lui ricapitolato. Non aver paura, caro don Antonio, degli ostacoli che potranno venirti da varie parti mentre sei dedito all’annuncio del Vangelo. Ricorda sempre la parola rassicurante del Signore: “Io sarò con te!”. Fidati di Lui!

Cari fratelli presbiteri, stasera, da questo evento di grazia della nostra Chiesa diocesana, vorrei dire a tutti: rendiamoci conto della grande responsabilità che abbiamo nei confronti del Vangelo e nei confronti del nostro popolo. Noi siamo preti per evangelizzare, facendoci prossimi innanzitutto a coloro che hanno il cuore spezzato, a chi è schiavo, a chi è afflitto perché in condizione di povertà, emarginazione, solitudine che lo disorientano. Abbiamo il compito di aprire lo scrigno prezioso delle Scritture per offrire, sminuzzandolo con competente passione, il pane fragrante della Parola, quel pane che, nutrendo, spinge gli orizzonti umani angusti e soffocanti verso l’orizzonte sconfinato di Dio.  Tra poco, quando ad Antonio chiederò: “Vuoi adempiere degnamente e sapientemente il ministero della parola nella predicazione del Vangelo e nell’insegnamento della fede cattolica?”, pensiamo che a questo compito anche noi ci siamo impegnati dal giorno in cui siamo stati configurati a Cristo, sommo ed eterno sacerdote. Vorrei che stasera tutti ritornassimo nelle comunità, che serviamo nel nome di Cristo e per mandato della Chiesa, con la consapevolezza che siamo pastori che devono condurre al pascolo delle Scritture sante il gregge affidato. I fedeli che serviamo hanno diritto di ricevere dalle nostre mani, dalla nostra bocca, dal nostro cuore la Parola della vita. Cristo chiede a me e a ciascuno di voi di svuotarci da tutto ciò che può essere autoreferenziale a noi, orientato alla nostra gloria, al nostro prestigio, al nostro interesse, al nostro tornaconto. Del resto, a questo ci ha sollecitato l’apostolo Paolo nel brano della seconda lettura, quando parlando del suo ministero, ci ha detto con chiarezza: “Noi non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù” (2Cor 4,5).

Preti per il Vangelo, preti per far dilatare nel mondo, tra gli uomini, la gioia del Vangelo: questa è la nostra primordiale vocazione, cari Confratelli. Abbiamo il compito di far gustare quanto è buono il Signore, il quale ha viscere di misericordia per tutti gli uomini. Il nostro ministero ha il compito di far dilagare nel mondo il fiume di grazia che scaturisce dal Cuore del Salvatore crocifisso. Questa è la vera gioia, sapersi amati da Dio!

Risuonano ancora di grande attualità le parole del Beato Paolo VI, che nell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, così si esprimeva: “Possa il mondo del nostro tempo – che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza – ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo” (EN 75).

Caro don Antonio, questa famiglia presbiterale ti accoglie nel suo grembo. Ti affiancherai al lavoro apostolico di questi confratelli che lavorano nella vigna del Signore. Insieme a loro, ricorda sempre che non dovrai mai fare da padrone della fede di coloro a cui sarai mandato; dovrai invece essere collaboratore della loro gioia, come esorta l’apostolo Paolo scrivendo ai Corinzi (cf 2Cor 1,24). Inoltre, tieni sempre presente l’invito che, facendo eco a queste parole di Paolo, anche l’apostolo Pietro rivolgeva ai primi pastori della Chiesa: “Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge” (1Pt 5,2-3). Della gente non siamo padroni! Siamo servitori a causa di Gesù e la serviamo facendoci modelli del gregge, vivendo in mezzo a loro, non con lo stile del giudice sprezzante e severo ma con la cordialità del fratello e la tenerezza del padre. Stare accanto a tutti con la carità pastorale, che deve essere il distintivo di ogni prete: questo deve essere il tuo programma di vita, caro Antonio. Essere prete, fare il prete non è un mestiere, una sistemazione che dà sicurezza economica e visibilità sociale. No, essere prete, fare il prete significa spendersi con ardente passione per coloro che ci vengono consegnati dal Padre, che ha l’unico “titolo di proprietà” sui fedeli.  Caro Antonio, cari confratelli, non dimentichiamolo mai, quelli che serviamo non sono nostri, appartengono a Dio che ce li affida perché li custodiamo. La pagina evangelica ascoltata ci ha riportato un tratto della preghiera di Gesù prima della sua passione e della sua morte. È un testo che dovrebbe sempre farci compagnia nella meditazione e nella preghiera, perché ci aiuta a comprendere con quale spirito dobbiamo vivere il nostro rapporto con i fedeli che ci vengono affidati. Come Gesù e insieme a Gesù diciamo ogni giorno al Padre che ci riempia dello Spirito Santo, perché possiamo essere capaci di dare loro la sua Parola, e a Lui chiediamo di consacrarli nella verità e di mantenerli nell’unità.

Cari fratelli e sorelle, caro popolo santo di Dio, stasera vi viene donato un nuovo presbitero, un pastore chiamato a lavorare in mezzo a voi, spendendosi sine modo – senza misura – per farvi camminare nella fedeltà a quel Dio che per noi ha compiuto cose stupende. Egli è chiamato a tenere vivo in ciascuno di voi l’anelito alla perfezione evangelica e vi darà il nutrimento necessario perché questo si realizzi. Oltre la Parola di vita, egli vi donerà i segni della grazia, i sacramenti, che realizzano la salvezza nel vissuto concreto di ciascun credente. Don Antonio, come ogni prete, deve essere icona trasparente del Mistero e stando con voi deve parlare più che con le parole, con i semplici gesti quotidiani, che devono caratterizzare il suo ministero. Chiedetegli perciò non gesti eclatanti e appariscenti che fanno solo scalpore, ma non incidono in alcun modo. Domandategli piuttosto la prossimità che lo rende amico e confidente. Esigete un cuore sacerdotale capace di giusta compassione, pronto a misurarsi ogni giorno con l’eroismo della carità. Sostenetelo con la preghiera, confortatelo con l’amicizia, fategli sentire il calore di una comunione che ha le sue radici nel comune amore a Cristo.

Buon cammino, carissimo don Antonio. Ricorda sempre che il primo servizio di un prete tra la sua gente è amare; amare poi è dare la vita, come ha fatto il buon Pastore. E accogliendo l’invito del Santo Padre Francesco, lasciati “stancare” dalla gente e sii felice quando dopo una giornata di duro lavoro apostolico, ti metti a letto distrutto dalla fatica!

Ti sia vicino la Madre di Gesù, Regina degli Apostoli e fonte di gioia per tutta la Chiesa. Non abbandonarla mai! Nel suo Cuore rifugiati soprattutto quando sei stanco, deluso, scoraggiato. Non cercare in altro o in altri consolazione. Buttati tra le sue braccia e incrocia il suo sguardo di Madre e ti sentirai rinascere. Lasciati accarezzare da lei e cantale il tuo amore con la dolce preghiera del Rosario. E tu, Santa Madre del Signore, donna della Pentecoste, invoca con noi, come già nel Cenacolo, il dono dello Spirito su questo tuo figlio Antonio e  veglia su di lui, donagli energia fisica e fervore interiore perché possa servire con gioia la Chiesa e l’umanità. Amen.

Polignano A Mare, BA, Italia

ordinazione Don Antonio Esposito