Omelia – Cattedrale di Lecce – III domenica del Tempo Ordinario

III domenica del Tempo Ordinario
23-01-2022

È una domenica ricca di suggestioni per la nostra assemblea liturgica, raccolta nella Chiesa cattedrale di questa antica città di Lecce.

È innanzitutto il Giorno del Signore, giorno in cui il popolo santo di Dio si raduna attorno al Signore Risorto, che viene a stare in mezzo ai Suoi per donare se stesso nei segni della Parola e dell’Eucarestia. L’incontro con il Maestro fa crescere la fede e la carità dei discepoli, pellegrini nel tempo, che alimentano così l’attesa del compimento della storia, quando tutto sarà ricapitolato in Cristo.

È la domenica della Parola di Dio, voluta dal Santo Padre Francesco (cf Lettera Apostolica Aperuit illis) perché la Chiesa possa cogliere sempre più il valore fondante delle Scritture, scoprendo in esse la radice della propria fede, la sorgente da cui attingere per vivere con gioia la vocazione battesimale, che è chiamata alla santità missionaria: partecipi della santità di Dio per portare a tutti la luce del Vangelo! È questa la vocazione fondamentale di ogni battezzato!

È la domenica che cade nel cuore della Settimana di preghiera dell’unità dei cristiani e che sollecita perciò tutti noi a prendere atto che la comunione tra i discepoli di Cristo non è un optional ma un’esigenza propria della natura della Chiesa. Una Chiesa divisa deturpa la bellezza della Sposa di Cristo: questo è necessario ricordarcelo sempre, se vogliamo che la Chiesa si mantenga fedele alla sua identità! La Chiesa esiste per evangelizzare, diceva San Paolo VI nella Evangelii nuntiandi, ed evangelizzare è portare gli uomini e le donne di ogni tempo all’incontro con Cristo, per divenire membra del Suo Corpo.

È il giorno dell’incontro giubilare degli Operatori della Comunicazione sociale, che avviene nel contesto dell’Anno oronziano che la Chiesa di Lecce sta celebrando per rinsaldare, nel ricordo dei duemila anni della nascita del suo Patrono, i legami con Colui che riconosce come primo evangelizzatore di queste terre.

Sono tanti – lo abbiamo visto – i motivi che accompagnano la nostra preghiera liturgica in questo momento e a prima vista si potrebbe correre il rischio di disperdersi in tanti rivoli che distraggono da quello che è il centro unificatore di ogni Eucarestia, ovvero l’incontro con il Vivente. Credo però che a fugare tale rischio concorrano proprio i testi offerti dalla liturgia di questa III domenica del Tempo Ordinario. C’è un filo d’oro che lega i brani che abbiamo ascoltato. Fulcro dell’annuncio delle tre letture è il dono della Parola.

È la Parola che ricostruisce l’unità di Israele dopo la dispersione dell’esilio a Babilonia. Il brano del libro di Neemia ci ha descritto in maniera vivace l’incontro avvenuto presso la Porta delle Acque a Gerusalemme. Il sacerdote Esdra porta il libro della Legge davanti al popolo, tornato dall’esilio, che presta attenzione – “tendeva l’orecchio”, dice il testo – alla lettura, lasciandosi coinvolgere da quanto veniva proclamato e spiegato. “Amen, amen”, risponde all’unisono il popolo, alzando le mani, inginocchiandosi e prostrandosi con la faccia a terra dinanzi al Signore. È la risposta della fede che apre poi il cuore alla gioia e alla condivisione fraterna: “andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza”. Sono queste le parole del governatore Neemia che sanciscono l’inizio di una nuova pagina di storia per il popolo chiamato a rinnovare l’alleanza con il suo Dio. All’inizio della rinascita di Israele c’è la Parola di Dio. Sì, Israele deve la sua esistenza alla Parola di Dio: una Parola che crea, che dà significato a tutto, che fa vivere e crescere e che feconda la terra, come la pioggia (cf Is, 55, 10-11). Tutta la vita di Israele poggia sulla Parola di Dio, che diviene la forza che guida tutta la sua storia. Ed è da un rinnovato ascolto della Parola che può ora ricominciare il cammino del popolo dell’Alleanza, tornato a calcare la terra della promessa. Dio educa il Suo popolo attraverso la Parola che dona in abbondanza!

Arriva il tempo della pienezza. Ed è Gesù, la Parola fatta carne, che nella sinagoga di Nazaret si presenta come il compimento di tutto ciò che era stato detto nelle Scritture. Tutto convergeva e si realizzava in Lui: “oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4, 21). Lui diventa la chiave di lettura per comprendere il disegno d’amore del Padre. Attraverso Gesù è possibile conoscere il Padre ed entrare in comunione con Lui. Rimane insuperato il modo con cui la Dei Verbum descrive il progetto di Dio per gli uomini: “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura. Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé” (DV 2). La Parola fatta carne non solo ci rivela il volto del Padre, ma ci introduce anche all’intimità con Lui, facendoci sentire la tenerezza di un Dio che si china sulle ferite di un’umanità lacerata da tante fragilità e miserie.

La profezia di Isaia che Gesù legge e applica a sé, annuncia questo entrare di Dio nelle piaghe più dolorose della vita: “lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore”. Alla luce di questo chinarsi dell’Unto del Signore su di noi, come non tenere anche noi costantemente gli occhi fissi su di Lui, come avvenne quel giorno nella sinagoga di Nazaret? Guardate al Signore e sarete illuminati, è l’invito del salmo 33 che oggi in modo particolare vogliamo ricevere con gioia. Contemplare con stupore l’Unto del Padre e accogliere da Lui l’unzione dello Spirito, mentre ci guarirà da ogni nostro male, ci darà la gioia di sentirci indissolubilmente uniti a Lui al punto tale da divenire il Suo corpo, nell’armonia delle diverse membra che lo compongono. L’unità nella diversità: questo è il frutto che produce l’essere incorporati a Cristo, soprattutto attraverso quel momento di grazia che è l’incontro eucaristico, come è quello odierno, quando la Parola si incarna nei segni del pane e del vino per divenire Carne e Sangue del Risorto, Colui che accompagna il cammino della Chiesa nel mondo.

Apriamoci, carissimi, all’incontro con Cristo, cerchiamolo nelle Scritture, fonte prima di conoscenza del Signore Gesù: non dimentichiamo quanto San Girolamo diceva, ovvero che l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo! Sostiamo con Lui in una contemplazione colma di stupore e di amore, arricchiamoci della Sua luce per poter poi divenire portatori di luce.

Cristofori: questa è la nostra vocazione! Ed è stata questa la vocazione del nostro amato S. Oronzo, che in queste terre è vissuto e ha testimoniato il suo amore a Cristo. Anche Lui è stato afferrato dalla Parola, conquistato dalla bellezza del volto di Cristo, che egli ha conosciuto, secondo quanto ci tramanda la tradizione, da San Giusto e, tramite Lui, dallo stesso apostolo Paolo, che potremo considerare perciò l’ispiratore del ministero di S. Oronzo. Accostandoci al nostro Santo, pur tra le incertezze delle fonti storiche, ciò che maggiormente colpisce è la sua dedizione alla causa del Vangelo. Costretto dalla persecuzione a peregrinare in diversi luoghi della nostra Regione – tra l’altro raggiungendo anche Turi, che di Lui serba grato ricordo e viva devozione –, ovunque si recava raccoglieva attorno a sé discepoli, con cui condivideva la ricchezza della sua fede, ispirata dal Vangelo. L’attualità della testimonianza di S. Oronzo è proprio qui, nell’essere uomo della Parola, cercatore di verità e, una volta trovata, nel rimanere fedele ad essa, anche a costo della vita. Non ha mai svenduto la verità, che per Lui aveva il volto del Cristo; l’ha servita e l’ha condivisa, senza mai scendere a compromessi con la menzogna.

Cari amici, operatori nel vasto e variegato mondo della comunicazione sociale, che oggi alla vigilia della festa del vostro Patrono S. Francesco di Sales, siete qui convenuti per il Giubileo oronziano: siate anche voi amici della verità. Non svendete la vostra intelligenza, la vostra professionalità, la vostra passione per la comunicazione alle chiacchiere e alle fake news che avvelenano il mondo dell’informazione perché non si fondano nella verità. Siate invece cercatori della verità, sull’esempio dell’evangelista Luca, che nel prologo della sua opera – lo abbiamo ascoltato poc’anzi nel brano evangelico – dice come si è mosso per raccogliere le notizie su Gesù, allo scopo di comunicare la Buona Notizia, ovvero l’Evangelo della gioia. Ha fatto ricerche accurate, egli dice. Anche voi, nel leggere e trasmettere i fatti e le parole di eventi, che oggi sono cronaca e che domani saranno storia, non fermatevi allo scoop che fa audience. Sappiate invece appassionarvi alla verità, la quale – per chi è credente – diventa via che conduce a Colui che è Verità, Gesù Cristo, Parola eterna di Dio fatta carne. Coltivate la virtù dell’ascolto, la quale vi permetterà di non fermarvi alla superficie degli eventi ma di entrarvi dentro, per cogliere il significato profondo di quanto si vive e di cui si vuole trasmettere il contenuto attraverso il lavoro giornalistico. Siate anche voi costruttori di un futuro migliore, fondato su quei valori che nascono da coscienze rettamente formate.

A tutti auguro buon cammino, accompagnati dall’intercessione di S. Oronzo!