Messa Crismale – Omelia

Cattedrale di Conversano
06-04-2023

 È risuonata ancora una volta in mezzo a noi la profezia di Isaia sul Servo del Signore e, nello stesso tempo, il suo compimento, annunciato da Gesù nella Sinagoga di Nazaret. La Liturgia crismale, per la quale siamo oggi convocati nella nostra Chiesa Cattedrale, ci propone questi testi che, come avviene normalmente quando ascoltiamo la Parola di Dio, hanno ogni volta un sapore diverso. Insieme vogliamo guardare a Colui che, ripieno dello Spirito del Signore, è stato mandato “a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi […] per consolare tutti gli afflitti, per dare agli afflitti di Sion una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto” (Is 61, 1-3). È Gesù di Nazaret l’unto di Spirito Santo, Colui che, incarnatosi per opera dello Spirito Santo nel grembo della Vergine, si è lasciato totalmente afferrare dalla forza dello Spirito, che Lo ha condotto a fare la volontà del Padre… fino alla fine.

Oggi da questa Parola vogliamo richiamare in modo particolare quello che è stato uno dei compiti affidato dallo Spirito a Gesù: consolare gli afflitti, togliendo loro l’abito da lutto e donando olio di letizia e veste di lode. È bello accostare le pagine dei Vangeli con questa chiave di lettura: Gesù è venuto per consolare gli afflitti. Nessuno come Lui è stato capace di farsi prossimo ai tanti feriti nel corpo e nello spirito, donando il balsamo della consolazione. Egli “passò beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male”, come si esprime la Liturgia (cf Prefazio comune VIII), aggiungendo poi che “ancora oggi, come buon samaritano, si fa prossimo ad ogni uomo, piagato nel corpo e nello spirito, e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza”. Ci fa bene, carissimi, sostare a contemplare Gesù che si ferma per accogliere, ascoltare, incoraggiare, sostenere, curare, guarire tutti coloro che si rivolgono a Lui con fiducia, certi di trovare nelle Sue parole e nei Suoi gesti di prossimità la risposta alle afflizioni che angustiano la loro vita. Non vi è nulla nel cuore dell’uomo che non possa essere guardato con tenerezza da Gesù e non vi è nessuno che si allontana da Lui senza esserne stato consolato. Fa impressione vedere come per Gesù fermarsi accanto a chi incontra nella Sua itineranza apostolica non è qualcosa di superficiale o frettoloso. È invece occasione preziosa per far sentire che quella creatura è amata. Negli occhi e nelle parole di Gesù c’è attenzione e desiderio di trasmettere vita. Per Lui consolare è far rifiorire la speranza, è far passare dal buio di un’esistenza opaca alla luce di una vita realizzata nell’amore.

Consolare gli afflitti, sull’esempio di Gesù, è anche il compito della Chiesa, chiamata a farsi pellegrina nelle periferie esistenziali abitate dall’uomo contemporaneo per portare l’olio della consolazione, balsamo benefico per curare le tante ferite che affliggono il cuore. Una Chiesa che, chiusa in se stessa, non consola è destinata alla sterilità. Una Chiesa che non incontra e non dialoga, snatura la propria identità. Una Chiesa che si arrocca in posizioni di giudizio, spesso spietato, chiude le porte al Consolatore per eccellenza che è lo Spirito Santo, Colui che risana e guarisce e fa nuove tutte le cose.

Carissimi, la nostra Chiesa particolare, chiamata al ministero della consolazione su un territorio ricco di tante potenzialità di bene ma anche ferito da drammi che segnano la vita di fratelli e sorelle, vive oggi un momento di grazia e di intensa gioia. Noi, discepoli della via, siamo stati convocati dal Signore Gesù in assemblea santa perché Egli vuole riaffidare a tutti noi il mandato di portare il Vangelo sino agli estremi confini della terra (cf Mt 28,19-20). Ci riempie del Suo Spirito e ci invia tra la nostra gente per continuare la missione da Lui iniziata a Nazaret e proseguita lungo le strade della Palestina e mai più interrotta lungo i secoli. Oggi ha bisogno di noi per dare vita al mondo: questo è il significato profondo dell’incontro odierno, che avviene in prossimità della Pasqua, evento fondante la missione della Chiesa. I momenti che scandiscono la nostra celebrazione sono collegati tra loro da questo preciso intendimento: risvegliare la coscienza missionaria di tutti noi, vescovo, presbiteri, diaconi, consacrati e fedeli laici. Il nostro convenire dalle diverse parti della Diocesi e l’essere diventati un cuor solo e un’anima sola nello Spirito Santo, la rinnovazione delle promesse sacerdotali e la benedizione degli olii, vogliono dirci che il Signore è all’opera, ci chiama a metterci in cammino per ungere con l’olio della letizia la vita di coloro che Egli ci ha affidato. Consolare con l’olio della letizia significa far sentire che nessuna ferita è inguaribile, è trasmettere la certezza che il cuore del Padre che è nei cieli palpita sempre di tenerezza verso i figli, che la Sua misericordia è fuoco inestinguibile che distrugge ogni male.

Come è bello pensare che ogni cristiano ha la responsabilità di portare questo olio di letizia. È nel DNA di ogni battezzato il ministero della consolazione, cari fratelli e sorelle! Diamo consolazione con quella tenerezza e amabilità che ci rendono icona di Colui che è mite ed umile di cuore (cf Mt 11,29). Ed iniziamo subito con quello strumento che è alla portata di tutti, la parola, che può essere balsamo o veleno, a seconda di come viene usata: “nessuna parola cattiva esca dalla vostra bocca, ma piuttosto parole buone che possano servire per un’opportuna edificazione, giovando a quelli che ascoltano” (Ef 4,29). Aborriamo le volgarità, che non fanno mai del bene. Come Gesù, usiamo parole di pace, di amicizia, di condivisione per toccare il cuore di chi vediamo afflitto o devastato dalla prova. E insieme alle parole, uno sguardo illuminato dalla bontà, occhi che trasmettono benevolenza, magnanimità, mitezza, che accolgono e non giudicano, che perdonano e danno fiducia. Così Gesù ha consolato gli afflitti, così Gesù ha ridato vita a quanti erano nelle tenebre e nell’ombra di morte. Così la Chiesa, così ciascuno di noi!

Mi rivolgo ora a voi, cari fratelli presbiteri, che dovete essere, più degli altri, uomini della consolazione. Oggi in modo particolare è la nostra festa ed è bene che ci sia un’attenzione verso di noi nei testi liturgici e anche nella riflessione comune. Questo per tenere vivo in ciascuno di noi l’entusiasmo per il dono ineguagliabile che abbiamo ricevuto. Il Signore ha scelto noi pastori perché fossimo per primi strumenti della consolazione. Se non donassimo questo balsamo ristoratore, noi rischieremmo di essere solo dei mestieranti del sacro. Riappropriamoci di questo compito che più ci rende simili a Colui di cui dobbiamo essere segno trasparente tra la nostra gente. Tra poco vi inviterò a rinnovare le promesse assunte il giorno dell’ordinazione sacerdotale. A cos’altro serve questa memoria se non a mantenere vivo il fuoco, la gioia nel sentirci partecipi della missione di Cristo? Vi chiederò: “volete adempiere fedelmente il ministero della parola di salvezza, sull’esempio di Cristo, capo e pastore, lasciandovi guidare non da interessi umani, ma dall’amore per i vostri fratelli?”. La risposta che darete: “sì, lo voglio”, deve essere uno tsunami, un’onda impetuosa che deve scuotervi interiormente, facendo superare quel torpore o forse stanchezza che a volte si affaccia nella vita e ci toglie l’entusiasmo nel ministero. Nelle parole che vi rivolgerò c’è il significato profondo della nostra vocazione. L’essere pastore richiede che noi ci svuotiamo di tutto ciò che ci porta all’autoreferenzialità per avere di mira solo ed esclusivamente l’amore per i fratelli. Cristo ci ha scelti perché potessimo donarci senza misura ai fratelli. Ne siamo consapevoli fino in fondo? Il popolo a cui siamo mandati ha bisogno della nostra dedizione, ha bisogno della nostra vita consumata nell’amore, ha bisogno di amici del Signore che sappiano donare consolazione e speranza.

Coltiviamo nella preghiera assidua questa capacità a saper intercettare i bisogni della nostra gente. Sì, carissimi fratelli preti, la preghiera, mentre ci rende capaci di Dio, nello stesso tempo ci permette di affinare il cuore per cogliere i bisogni della gente che serviamo. La preghiera alimenta in noi i sentimenti del Cuore di Dio e questo ci permette di stare tra coloro che ci sono affidati con una capacità in più a condividere la loro vita, percependo anche le esigenze più profonde del cuore umano. È stupendo essere pastori con e per il nostro popolo. Ogni azione pastorale ci porti ad essere seminatori di consolazione. Permettete però che sottolinei l’importanza di due azioni sacramentali che ci permettono di toccare il cuore dei nostri fedeli per trasmettere pace, ridando vita: il sacramento della Penitenza e quello dell’Unzione dei malati. Rilanciamo il sacramento della Penitenza, facciamo comprendere la bellezza di questo incontro che non è di giudizio ma di misericordia, rendiamoci disponibili per ascoltare le confessioni. Anche il sacramento dell’Unzione presentiamolo in tutta la sua forza risanante. Lo riconosceremo tra poco nella preghiera di benedizione: “quanti riceveranno l’unzione ottengano conforto nel corpo, nell’anima e nello spirito e siano liberati da ogni malattia, angoscia, dolore”. Educhiamo la gente alla giusta comprensione di questo sacramento anche attraverso la nostra prossimità agli ammalati, da visitare costantemente.

Fratelli presbiteri, continuiamo a servire la Chiesa con abnegazione dando il meglio di noi stessi. Il Signore saprà ricompensarci come solo Lui sa fare. Io, vostro Vescovo, sono grato per la presenza feconda di ciascuno di voi nel nostro presbiterio, presenza preziosa e benedetta. Credetemi, vi voglio bene e desidero stare accanto a ciascuno con affetto di padre e di fratello, per dare coraggio e consolare nei momenti della prova. Sì, il primo compito del Vescovo è dare consolazione al suo presbiterio e io cerco di farlo con tutte le mie povere forze… e perdonatemi quando non ci riesco o non sono all’altezza delle vostre attese. Camminiamo insieme e non stanchiamoci nel cercarci. Gareggiamo nello stimarci a vicenda e cerchiamo il bene gli uni degli altri. Lo stesso stile manteniamolo con i nostri confratelli diaconi, con i consacrati e con i fedeli laici. Come vorrei che questo fosse anche uno dei frutti del percorso sinodale che stiamo vivendo e che certamente tanto bene porterà nelle nostre comunità. Ed è quello che vorrò fare con la Visita pastorale che ho in animo di compiere dal prossimo anno pastorale. Fratelli e sorelle, consoliamoci a vicenda nel nome del Signore!

In questo giorno siamo soliti fare memoria degli anniversari giubilari di alcuni nostri confratelli. È cosa buona e giusta! Li vogliamo ricordare per ringraziarli dal profondo del cuore per la loro vita donata alla causa del Regno. Tutti hanno alle spalle una vita sacerdotale ricca di anni e di ministero fecondo: don Lorenzo Renna 70 anni, don Francesco Disciglio e don Leonardo Mastronardi 60 anni, don Carmelo Semeraro e don Aldo Recco guanelliano 50 anni, don Francesco Sabatelli, anche lui guanelliano, 25 anni. Il Buon Pastore benedica la loro vita, rendendola sempre più trasparenza del Suo amore misericordioso. Non possiamo non ricordare oggi i due doni che la nostra Chiesa ha ricevuto o riceverà prossimamente. Lo scorso 4 marzo il nostro don Giuseppe Laterza, chiamato a rappresentare il Santo Padre nella Repubblica Centrafricana e in Ciad, è stato ordinato Vescovo. Grazie Eccellenza carissima per la tua presenza oggi tra noi e per quanto farai in quelle terre martoriate dalla povertà e dalla violenza. Ti auguriamo di svolgere il tuo ministero di consolazione tra quelle care popolazioni con cuore sorridente e con parole di speranza. Sostieni e incoraggia soprattutto il Pastori di quelle comunità. Il prossimo 13 maggio ad Alberobello il caro don Tommaso Greco sarà ordinato presbitero. La sua ordinazione è un dono per tutta la nostra Chiesa. Caro don Tommaso, il Crisma che oggi consacriamo scenderà quel giorno sulle tue mani rendendole capaci di diffondere il buon profumo dell’amore di Cristo. Grondi dalle tue mani, ma soprattutto dal tuo cuore, l’olio di letizia, che tanta consolazione potrà portare in coloro che usufruiranno del tuo ministero. Crescendo negli anni, mantieni giovane il tuo cuore di pastore attraverso una intima comunione d’amore con Cristo. Non stancarti mai di cercare il Suo volto, soprattutto nell’incontro eucaristico quotidiano.

Un pensiero colmo di affetto e di preghiera rivolgiamo verso chi ha concluso il suo ministero tra noi e ha raggiunto la patria: don Vitantonio Laporta, don Paolo Valente e il diacono Pinuccio Carucci. Vivano per sempre nella luce di Dio.

Carissimi, i fremiti gioiosi della Pasqua già li avvertiamo. Stasera entreremo nel Santo Triduo e saremo coinvolti nella bellezza della Liturgia pasquale. Resi protagonisti degli eventi che celebriamo, certamente, incontrando il Signore Crocifisso e Risorto, saremo da Lui consolati e guariti nelle nostre ferite interiori. Da Lui consolati portiamo consolazione a tutti quelli che incontreremo. Sarà questo il frutto della Pasqua, che auguro di vivere nella dolce compagnia della Madre del Signore, Addolorata e Donna vestita di sole.

Largo Cattedrale, Conversano, Puglia Italia