Messaggio per la Quaresima 2022

IL DESERTO, LA STRADA, LA CASA

Carissimi fratelli e sorelle,
entriamo, guidati dallo Spirito, nel cuore dell’Anno Liturgico, che è la Pasqua del Signore. Essa è la fonte da cui scaturisce il fiume d’acqua viva che rallegra la città di Dio, la santa Chiesa, Sposa di Cristo.
La Quaresima, che dispone il cuore del credente ad aprirsi all’incontro con il Risorto, è il tempo che ogni anno ci invita a realizzare una conversione sempre più radicale, perché guidati da Cristo possiamo compiere la nostra Pasqua, passando dalla morte alla vita, dal peccato alla Grazia della vita nuova. È un tempo che, attraverso la liturgia, la preghiera personale e l’esercizio delle opere di carità, ci immette in un cammino di rinascita interiore. Mai come quest’anno, però, l’ingresso nella Quaresima ci trova in una condizione di sgomento e di profonda lacerazione interiore per quanto sta accadendo in Ucraina, dove tanti fratelli e sorelle per l’infuriare della guerra sperimentano nella propria carne la partecipazione alla passione del Signore. Con loro e per loro preghiamo, perché al più presto la morte ceda il passo alla speranza della vita ristabilita nella giustizia e nella pace.
In questo tempo di rinnovamento e di riconciliazione, guidati dalla Liturgia vogliamo ripercorrere l’esperienza dei quarant’anni del popolo di Israele nel deserto. Un cammino lungo e faticoso verso il paese “dove scorre latte e miele” (Es 3,8), verso la terra promessa da Dio, verso la felicità, verso quella che
doveva essere la casa per Israele. L’esperienza di Israele diventa paradigmatica per tutti noi che vogliamo fare il nostro esodo, passando dalle tante schiavitù che ci imprigionano alla libertà dell’amore, la casa che siamo chiamati ad abitare.
Israele, che Dio stava formando come Suo popolo secondo la promessa fatta ad Abramo, era schiavo in Egitto. Osservando con viscere di misericordia quella dura condizione, Dio scelse di intervenire in suo favore per liberarlo e affidargli una terra, che doveva diventare la casa da Lui preparata. Nel
cammino dell’esodo, nel deserto, pur tra tentazioni e infedeltà, attraverso la cura mostrata dal Signore, il popolo ha iniziato ad assaporare il gusto della libertà, quella vera che viene dall’incontro con Dio, quella libertà che si nutre di gratitudine verso di Lui e di responsabilità verso i fratelli. Così, guidato da Mosè, Israele ha camminato verso la terra, che doveva essere la sua casa, ed è cresciuto, diventando finalmente un popolo, attraverso i segni di tenerezza e misericordia che Dio stesso gli offriva.
Vorrei suggerire tre immagini che, attingendo a questa icona biblica – emblematica del modo di agire di Dio nella storia – aiutino a cogliere il significato della casa che Dio oggi edifica per noi, offrendocela in dono. Tutta la nostra vita è un cammino verso questa casa, che non si finisce mai di costruire nel tempo che Dio ci offre mentre siamo pellegrini verso il Regno. La Quaresima diventa perciò la cifra di questo nostro camminare verso l’eternità di Dio.
Innanzitutto, la casa che Dio ci offre è sua, non nostra. È sempre in agguato la tentazione di credere che ciò che noi costruiamo nella vita viene da noi, è frutto delle nostre capacità e intraprendenze.
Guardando l’esperienza di Israele ci accorgiamo invece che Dio si muove sempre per primo, facendo cogliere che tutto viene da Lui. I testi biblici che narrano le vicende dell’Esodo sono costellati di momenti in cui il popolo si illudeva di poter conquistare la terra da solo, scoraggiandosi quando confrontava le proprie forze con quelle dei popoli incontrati, tappa dopo tappa, nel cammino per giungere alla terra della promessa. Quando Israele dimenticava che Dio è il liberatore e che Lui doveva essere l’unica sua forza, erano sempre gli avversari a prevalere. Anche noi in Quaresima siamo chiamati a riscoprire il primato di Dio e riconoscere che solo Lui può offrirci la casa della libertà, nell’amore a cui tutti aneliamo. È davvero
necessario fidarci di Lui, permettendoGli di guidare i nostri passi, senza mai cedere alla sfiducia, allo sconforto, alla smania di voler risolvere tutto, confidando nelle sole nostre forze. È quanto mai utile oggi accrescere questa consapevolezza! Mentre usciamo dalla pandemia, avendo finalmente alle spalle i passaggi più dolorosi della crisi, certamente dobbiamo rimboccarci le maniche per collaborare alla ripresa, ma senza dimenticare che “se il Signore non costruisce la casa invano vi faticano i costruttori” (cf Salmo 126). Sono tante le fatiche che sperimentiamo in questo tempo, a partire dalla stessa difficoltà a rialzarci perché la pandemia ha distrutto le nostre forze, lasciando prevalere tiepidezza, pigrizia o addirittura accidia. Per sottrarci a queste tentazioni, anche oggi – come già con Israele – Dio si presenta come l’unico Signore, perché è l’unico che ci salva, indicandoci la strada della libertà, la strada che conduce alla casa della gioia. Approfittiamo di questo tempo di Quaresima per riconoscere il primato di Dio nella nostra vita e per affidarci a Lui con docilità: Egli è il nostro tutto, perché da Lui viene la nostra dignità e la nostra libertà. Provocati dalla Parola, che in abbondanza riceveremo in questo tempo forte, scegliamo di seguirlo, sapendo che Lui vuole risuscitarci dalle tante nostre morti per renderci felici e liberi.
Una seconda immagine che affiora nitidamente dal racconto fondatore delle origini di Israele è la comunità. Nel deserto Dio educa una massa informe di uomini e donne e la rende Suo popolo. La rivelazione che Dio fa di sé è finalizzata a formare un popolo che riconosce di appartenere a Colui che si
presenta come il Signore: “Io sono il Signore tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile. Non avrai altri dei di fronte a me” (Es 20,2-3). Il primato di Dio e il dono della terra promessa sono doni offerti a tutti, perché per tutti è aperta la casa della gioia! Israele ha fatto esperienza
di questa delicata premura di Dio. Nel deserto Dio ha formato un popolo con la sua presenza costante e con il dono della Torah, la legge che dà vita, insegnandogli a camminare insieme. Quanto abbiamo da imparare da questa pedagogia divina, che ancora oggi è all’opera nella cura delle nostre fragilità! Il Signore non si stanca di guarirci dalle ferite del nostro egoismo e delle nostre autoreferenzialità, chiedendoci di camminare verso la casa della gioia non da soli, ma prendendoci cura gli uni degli altri, come fa Lui. Dio ci aiuta con la sua presenza, con la sua Parola, con i Sacramenti, a crescere e a camminare
insieme come popolo. A questo riguardo, è davvero una grande opportunità quella che come Chiesa stiamo vivendo attraverso il percorso sinodale! È un’esperienza che ci fa scoprire la bellezza e la fecondità del dialogo tra di noi, ma soprattutto ci dovrebbe educare ad essere docili allo Spirito, che ci parla e ci suggerisce le vie per giungere alla casa della gioia. È un’occasione da non sprecare e da non liquidare come una delle tante iniziative finite nel dimenticatoio. Il dialogo e il confronto sinodale devono diventare lo stile della Chiesa! Chiesa e Sinodo si richiamano a vicenda, per cui se si cammina insieme, nella docilità allo Spirito, si è veramente la Chiesa di Cristo. Spesso papa Francesco ricorda un proverbio africano che dice: “Se vuoi andare veloce, corri da solo. Se vuoi andare lontano, vai insieme a qualcuno” (Veglia con i giovani, Roma, 11 agosto 2018). Oggi, più che andare veloci, abbiamo bisogno di andare lontano, e ciò sarà possibile nella misura in cui come comunità impareremo a camminare insieme. Lo stile sinodale serve davvero alla Chiesa per essere fedele alla sua vocazione.
Un’ultima immagine ci suggerisce l’esperienza dell’esodo. La casa della gioia Dio la offre non solo al Suo popolo ma a tutti. Giunti alla terra promessa, gli israeliti hanno imparato a convivere con gli “altri” che già la abitavano. Ciò non sempre è stato facile. Tuttavia, anche attraverso i ripetuti fallimenti
Israele si è aperto gradualmente ad una visione universale del dono di Dio. Anche questa è una grande provocazione per noi, che spesso non riusciamo ad andare oltre la misura del nostro sguardo. La nostra gioia non sarà vera fino a quando non diventa la gioia degli altri. Deve contagiare e raggiungere tutti.
Pensando alle immagini della terra e della casa, luoghi aperti per accogliere e per condividere, non possiamo non sentirci sollecitati a coltivare lo stile dell’accoglienza, che non lascia fuori nessuno. In un momento storico in cui a causa della pandemia siamo stati indotti a usare prudenza nelle relazioni,
mantenendoci a distanza dagli altri, diventa necessario educarci all’apertura del cuore e delle braccia per non escludere nessuno dal nostro sguardo accogliente. Ognuno di noi può pensare in concreto a come vivere nel quotidiano lo stile dell’accoglienza. Io vorrei evidenziare un gesto che in questa Quaresima può diventare segno tangibile del nostro comune impegno. Sappiamo che molte persone anche da noi vivono nella precarietà, senza un tetto per ripararsi. Accogliere significa perciò in primo luogo permettere a tutti di avere una sistemazione abitativa dignitosa. Per questo vi invito a vivere la Quaresima di carità 2022 guardando ad un problema reale di alcune famiglie del territorio, che si trovano nell’impossibilità di avere un luogo dove sentirsi accolte. L’emergenza abitativa è ormai a livelli allarmanti nelle nostre città.
Vogliamo, perciò, utilizzare il ricavato della Colletta per soccorrere le famiglie che rischiano di venire sfrattate, oltre che per sostenere le case alloggio gestite dalla Caritas e presenti nel territorio diocesano.
Certamente non basterà una colletta per fronteggiare tale emergenza, ne siamo consapevoli. E tuttavia la scelta di questa finalità è già un primo passo per crescere nella sensibilità solidale, venendo sollecitati, come singoli e come comunità, ad operare perché il diritto alla casa sia assicurato a tutti. Rivolgo a tal proposito un appello anche alle Istituzioni civili, perché ad ogni livello ci si attivi efficacemente in una politica della casa che permetta a tutte le famiglie di avere una sistemazione dignitosa e sicura.
Non posso concludere senza richiamarmi nuovamente alla drammatica vicenda di questi giorni, con l’improvvisa e devastante escalation di violenza che ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa, ai danni del popolo ucraino. Abbiamo assistito in tante immagini alla lunga fila di profughi che lasciano
impauriti la propria Patria e la propria casa senza sapere dove andare e cosa potrà loro accadere. Uomini e donne, nostri fratelli e sorelle, in cammino verso l’ignoto futuro. Quanti corpi lacerati dalla furia omicida e quanti cuori sconquassati dalla malvagità e dalla cattiveria! Insieme vogliamo levare alta la voce per dire a tutti i fautori di questa ennesima “inutile strage” che non è possibile costruire il futuro sulla morte e sulla distruzione. Dobbiamo tornare a sperimentare la bellezza di appartenere all’unica grande famiglia umana, dove a fondamento della casa comune ci sono la fraternità universale e la dignità di ogni uomo e di ogni donna creati ad immagine e somiglianza di Dio e redenti dal sangue di Cristo. Preghiamo e operiamo perché tutto questo diventi realtà.  La Vergine Maria che docilmente ha fatto spazio al suo Figlio Gesù, facendosi casa per Lui, accolga tutti noi nel Suo Cuore di Madre e sostenga il nostro cammino nella storia, perché possiamo assaporare la gioia e la libertà di essere figli di Dio e fratelli e sorelle in Cristo Gesù.

+ Giuseppe Favale
Vescovo di Conversano-Monopoli

Messaggio per la Quaresima 2022

Conversano
01-03-2022