Messaggio Quaresima 2021

Messaggio Quaresima 2021

17 febbraio 2021
Mercoledì delle Ceneri

Carissimi fratelli e sorelle,
la Chiesa ci dà la grazia di iniziare la Quaresima, tempo forte animato dallo Spirito
Santo, facendoci riascoltare l’invito del profeta Gioele che chiede – ieri ad Israele e oggi
a noi – di fare una forte esperienza di Dio: “Ritornate al Signore con tutto il cuore, con
digiuni, pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore vostro
Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a
ravvedersi riguardo al male” (2,12-13). Le parole profetiche ci provocano ad un esercizio
di rinnovamento e di conversione come frutto dell’incontro con Dio. Solo sperimentando
la sua misericordia che fa nuovo il nostro cuore noi possiamo diventare sale della terra e
luce del mondo, iniziatori di un’umanità non più schiava delle tenebre, bensì capace di
dare sapore alla storia.
Con voi, in semplicità, voglio condividere alcune riflessioni che possano aiutarci
a non sciupare il passaggio che il Signore farà nella nostra vita in questa Quaresima 2021.
Permettete che ritorni a leggere in questo contesto con voi la pagina del Vangelo di Marco
(6,30-44), che ci sta accompagnando in questo anno pastorale, offrendola come sfondo
su cui impostare l’itinerario quaresimale sia a livello personale che comunitario. I versetti
che consegno a voi all’inizio della Quaresima possono essere un programma per vivere
intensamente questo tempo di rinnovamento e di riconciliazione con Dio e con il
prossimo. Vorrei riproporre il racconto evangelico Marco in tutta la sua pregnanza perché
contiene quello che la Chiesa chiede a ciascuno di noi per vivere in maniera autentica e
incisiva questo tempo forte. In esso vengono evidenziati due elementi che caratterizzano
il nostro cammino di fede, sempre, ma in modo particolare nella Quaresima: la preghiera
e la carità.

              “Venite in disparte… e riposatevi un po’”.

È il primo invito rivolto da Gesù ai discepoli. Diventa sempre più necessario
ritrovare spazi di silenzio, di raccoglimento, di ascolto, di preghiera nelle nostre giornate.
Conduciamo tutti una vita frenetica, sebbene questo periodo di pandemia ci abbia un po’
tutti frenati nelle diverse attività. Oggi forse siamo più abitati da un senso di angoscia e
di scoramento, che spesso offusca l’orizzonte del nostro futuro. Che fare? Quale terapia
intraprendere per riacquistare la “salute” interiore? Carissimi, ritengo che non ci sia
terapia più efficace di questa: riposare fermandoci un po’ di più con Cristo. Poniamo il
nostro capo sul Cuore del Maestro, come fece l’Apostolo durante la cena pasquale.
Riscopriamo la bellezza dello stare con Lui e riappropriamoci di una intensa vita
spirituale, coltivandola sia comunitariamente che personalmente. Stando con Gesù, sul
Suo volto vedremo riflesso il volto del Padre (cf Gv 12,45) e gusteremo la gioia di sentirci
amati da Lui. Accogliamo l’invito che ascolteremo da Gesù oggi nella liturgia delle
Ceneri: “quando tu preghi, entra nella tua camera chiudi la porta e prega il Padre tuo,
che è nel segreto” (Mt 6,6). Educhiamoci allo stare con Gesù dinanzi al Padre, mettendo
a tacere le tante voci che ci distraggono e ci disorientano, per ascoltare l’unica voce che
merita di essere udita. Risuoni la Parola e come seme fecondo lasciamola cadere nel
nostro cuore perché porti frutto.
Stando al passo con l’itinerario liturgico della Chiesa, vi invito alla lectio divina
quotidiana, proprio partendo dai testi biblici che ogni giorno ci vengono offerti dalla
Liturgia. L’ascolto orante della Parola ci permetterà, con la vivacità creativa dello Spirito
Santo, di fare un viaggio in noi stessi, scavando a fondo nella nostra vita, per fare
emergere luci e ombre, ma sempre in vista del rinnovamento, sbocco naturale della nostra
conversione quaresimale. Guardiamoci con verità, non avendo paura delle miserie,
fragilità, debolezze che potranno emergere. Non vogliamo rilevarle per cadere nell’abisso
della disperazione, ma per poter correre con gioia verso Colui che è Padre di bontà e
misericordia. “Dobbiamo imparare ad accogliere la nostra debolezza con profonda
tenerezza. Il Maligno ci fa guardare con giudizio negativo la nostra fragilità, lo Spirito
invece la porta alla luce con tenerezza. È la tenerezza la maniera migliore per toccare
ciò che è fragile in noi. Il dito puntato e il giudizio che usiamo nei confronti degli altri
molto spesso sono segno dell’incapacità di accogliere dentro di noi la nostra stessa
debolezza, la nostra stessa fragilità. Solo la tenerezza ci salverà dell’opera
dell’Accusatore. Per questo è importante incontrare la Misericordia di Dio, specie nel
Sacramento della Riconciliazione, facendo un’esperienza di verità e di tenerezza” (Patris
corde, 2). Mi piace condividere con voi questo passaggio della recente Lettera apostolica
di Papa Francesco su San Giuseppe, perché mi sembra che aiuti molto bene a cogliere
con quale modalità si debba vivere l’esercizio della conversione quaresimale. Se, dal
confronto con la Parola, ci scopriamo non abbastanza fedeli al dono di Dio, non
abbastanza forti a combattere il male, non abbastanza coraggiosi a intraprendere percorsi
nuovi, non abbastanza pronti all’eroismo della carità, non abbattiamoci ma cominciamo
col donare quel poco o quel molto che siamo o abbiamo al Signore e ai fratelli, e questo
sarà l’inizio di un cammino che farà nuovo il nostro cuore. Proprio l’esempio di San
Giuseppe ci può aiutare a vivere la nostra docilità all’ascolto della Parola. Fidandosi di
Dio che gli ha parlato attraverso l’Angelo, egli ha avuto il coraggio di mettersi in gioco,
nonostante il futuro fosse carico di incognite. Si è fidato di Dio e ha accolto Maria e il
Bambino nella sua storia lasciando che fosse Lui, il Signore, a realizzare il Suo progetto
di vita. Imitandolo, sarà il modo più vero per vivere questo anno a Lui consacrato!

         “Voi stessi date loro da mangiare” (Mc 6,37)

È la risposta che Gesù diede ai suoi discepoli, preoccupati per la folla che lo
seguiva desiderosa di ascoltare la sua Parola. Era ormai tardi ed era necessario attivarsi
per trovare il cibo per la sera. Una preoccupazione senz’altro comprensibile: congedare
la folla perché andasse per le campagne e i villaggi a comprarsi da mangiare. Dietro però
c’era anche la volontà di liberarsene, perché diventava impegnativo gestire quella massa
di gente che seguiva il Maestro. Egli, però, prendendoli in contropiede, li sorprese con il
suo invito: Voi stessi date loro da mangiare. Venivano spronati dalla parola di Gesù ad
occuparsi concretamente delle persone più che a disfarsi di loro, a prendersene cura
direttamente più che sollevare il problema e poi disinteressarsene.
È un invito che oggi è rivolto a noi, in questo particolare tempo di prova causato
dalla pandemia, schiacciati come siamo da tante preoccupazioni per noi e per l’intera
umanità. Il cardinale Bassetti, aprendo il Consiglio permanente della CEI nello scorso
mese di gennaio, ha ricordato che le nostre preoccupazioni sono causate da diverse
“fratture”: sanitaria, sociale, delle nuove povertà ed educativa. Per sanare queste fratture,
di cui tutti facciamo esperienza in maniera anche dolorosa, Gesù ripete a noi, come un
tempo ai discepoli: Voi stessi date loro da mangiare. Non si può rimanere a guardare, e
spesso giudicare, ciò che fanno gli altri. È necessario coinvolgersi in prima persona,
mettendo in gioco quel che siamo e quel che abbiamo. Impariamo a donare e a ricevere i
tanti doni che ciascuno può possedere. È proprio vero quel che tante volte abbiamo
ripetuto: “nessuno è tanto povero da non poter donare qualcosa di sé e nessuno è così
ricco da non aver bisogno del dono che può venire da un fratello o una sorella”.
Certamente questo può nascere solo se si instaura una comunione profonda tra di noi,
comunione fondata sulla partecipazione solidale alla grande famiglia umana, dove tutti,
sperimentando la gioia di essere fratelli e sorelle, nella gratuità dell’amore sanno
compiere gesti di prossimità.
Se questo è vero per ogni essere umano, di qualsiasi fede o cultura, deve essere
ancor più vero per noi cristiani, discepoli di Colui che “sempre si mostrò misericordioso
verso i piccoli e i poveri, verso gli ammalati e i peccatori, e si fece prossimo agli affaticati
e agli oppressi” (Preghiera Eucaristica V/4). Alla luce di ciò risuonano provocanti le
parole del Papa nel Messaggio per la scorsa Giornata della Pace, quando ci invita a seguire
le orme del Maestro: “Al culmine della sua missione, Gesù suggella la sua cura per noi
offrendosi sulla croce e liberandoci così dalla schiavitù del peccato e della morte. Così,
con il dono della sua vita e il suo sacrificio, Egli ci ha aperto la via dell’amore e dice a
ciascuno: “Seguimi. Anche tu fa’ così” (cfr Lc 10,37)”.
Anche tu fa’ lo stesso! È quel che significa l’invito di Gesù: “Voi stessi date loro
da mangiare”! Come Lui dobbiamo farci dono d’amore agli altri, divenendo pane
fragrante di fraternità, pane da spezzare per essere mangiato. Lasciamoci allora abitare
dal suo sguardo, dal suo cuore, dai suoi gesti, dalle sue parole. Questa trasformazione
avverrà se sapremo di stare con Lui in quella sosta di riposo a cui Egli invita i discepoli.
Per questo, sempre attingendo dalla Liturgia, chiediamo al Padre, sorgente di ogni dono:
“apri i nostri occhi perché vediamo le necessità dei fratelli, ispiraci parole e opere per
confortare gli affaticati e gli oppressi. Fa’ che li serviamo in sincerità di cuore
sull’esempio di Cristo e secondo il suo comandamento” (Preghiera Eucaristica V/4).
Questo tempo di Quaresima, pur tra le paure della crisi mondiale in cui siamo
immersi anche noi, ci provoca a vivere gioiosamente l’esperienza della condivisione,
senza delegare ad altri la responsabilità di dare o fare qualcosa. Iniziamo noi per primi,
con il coraggio della fede e con la forza della carità, a dare ciò che siamo e abbiamo. Forse
si tratterà di condividere il poco, come quei cinque pani e quei due pesci che i discepoli
riuscirono a trovare, o forse si potrà donare qualcosa in più. Non importa! Ciò che conta,
perché avvenga il miracolo della solidarietà, è che si dia e si dia con gioia. Ripareremo
così quelle fratture di cui parlavo prima, perché solo prendendoci cura gli uni degli altri
tante ferite potranno essere curate e guarite.
Chiedo perciò a voi, carissimi fratelli e sorelle, di mettere in moto la vostra
creatività nel progettare a livello parrocchiale e, soprattutto, a livello personale i percorsi
di guarigione di situazioni particolari, dove è necessario dare risposte concrete. Fate in
modo però che al progetto segua l’azione, per non doverci limitare solo ai buoni
proponimenti. In effetti, uno dei rilievi spesso sollevati nei nostri ambienti è che siamo
bravi a dire parole accattivanti sulla carità, ma difficilmente arriviamo a sporcarci le mani
nella prossimità.
Come ogni anno, la Diocesi mette in cantiere la raccolta della Quaresima di
carità, che andrà a sostenere le opere che la nostra comunità diocesana sta realizzando a
favore degli ultimi: l’accoglienza per chi non ha un tetto dove dormire, con le case che
sono presenti in alcune zone pastorali; le attività di aiuto all’educazione e all’istruzione
per i più piccoli; i contributi, seppur esigui, per sostenere le famiglie in difficoltà. Sono
gesti concreti che la nostra Chiesa ha messo in atto e rappresentano il frutto della
condivisione di tutti noi. Con ciò, oltre a dare risposte a problemi reali del territorio, si
vuole evidenziare il valore dell’accompagnamento di chi è in difficoltà. È alle persone
infatti che noi guardiamo compiendo il nostro servizio, e non tanto alle cose che diamo o
facciamo. Anche per questo, vi chiedo di privilegiare l’incontro e l’ascolto interpersonale,
pur comprendendo le difficoltà di questo periodo di limitazioni. Sappiate essere amabili
e sorridenti, accoglienti e premurosi. Mai scontrosi o arroganti, distaccati o indifferenti.
È questo ciò che ha più valore per far crescere la speranza in tanti cuori spenti a motivo
delle prove della vita!
Carissimi, percorriamo l’itinerario quaresimale con lo sguardo rivolto al
Crocifisso Risorto. A ciascuno di noi il Signore chiede di seguirlo sulla via della Croce,
nel gesto del dono di sé. Per tutti noi c’è come meta l’incontro con il Risorto, che si
mostrerà in tutta la Sua bellezza nella grande notte della Pasqua. Con gli occhi della fede
lo vedremo e lo incontreremo nell’assemblea riunita mentre, dopo esserci riscaldato il
cuore con le sue Parole, dalle sue mani riceveremo il Pane dell’Eucarestia, che è Pane
dell’amore offerto sulla Croce, Pane del cammino, Pane della fraternità, Pane della
comunione, Pane della vita nuova.
Sia sempre con noi, nel nostro esodo di conversione verso la Pasqua, Maria, la
Madre dei dolori e della Santa Speranza, Colei che solidale con la Croce del Figlio ha
avuto la gioia di essere per prima avvolta dalla luce della Risurrezione. Interceda per noi,
facendoci gustare la bellezza dello stare con il Figlio, trasformandoci in pane profumato
di fraternità! A Lei chiedo, in particolare, di portare consolazione a quanti nel tempo
presente sono stati in vario modo toccati dalla pandemia: penso alle famiglie che hanno
avuto persone care decedute, penso a chi è stato colpito dal virus e ha trascorso o trascorre
lunghi periodi di degenza ospedaliera, penso agli operatori sanitari, che con grande
dedizione mettono a servizio degli ammalati competenza e amore, penso ai responsabili
della società civile, chiamati molte volte a decisioni difficili per tutelare il bene comune.
Per tutti e per ciascuno, la Madre del Signore Crocifisso e Risorto sia sostegno e conforto!
Tutti vi benedico, mentre vi auguro una buona e santa Quaresima, pellegrinaggio
di luce verso la Pasqua del Signore!

+ Giuseppe Favale
Vescovo di Conversano-Monopoli