Lettera ai sacerdoti Giovedì Santo 2020

Carissimi fratelli in Cristo,

confesso che mai avevo pensato all’eventualità di vivere il Giovedì Santo senza l’appuntamento mattutino tanto atteso della Messa Crismale. Ma è quanto sta accadendo oggi, purtroppo! Le note vicende, che tanto dolore stanno portando in noi e tra la nostra gente, hanno imposto le misure restrittive che tutti conosciamo e che stiamo osservando. Come presbiteri credo che soprattutto oggi avvertiamo l’amarezza di queste disposizioni che non ci consentono di fare unità attorno all’altare del Signore con il nostro popolo, in quella bellissima celebrazione che è una vera e propria epifania della Chiesa locale. Un appuntamento che è solo rinviato, certo, a quando sarà passato questo tempo burrascoso, e potremo con gioia radunarci in Cattedrale per elevare tutti insieme la gratitudine e la lode al Signore per il cammino che riprende nell’ordinarietà dell’impegno quotidiano, nondimeno… oggi ne avvertiamo il vuoto!

Eppure, non mancherà la possibilità di ritrovarci anche oggi – uniti idealmente come presbiterio diocesano – nell’Eucarestia in Coena Domini, vero dono pasquale e memoriale dei grandi segni che il Signore Gesù ci ha lasciato la vigilia della Sua Passione. Gustiamo allora in maniera tutta particolare la celebrazione di stasera. Stringiamoci al nostro Signore e Maestro per fare comunione con Lui e tra di noi. Sarà una bella esperienza di presbiterio! Comprendo che soprattutto oggi e nell’intero Triduo avvertiremo la sofferenza per l’assenza dei nostri fedeli; però la Pasqua, che dilata gli orizzonti e accorcia le distanze, ce li farà sentire comunque vicini a noi, spiritualmente partecipi del Mistero che celebriamo. Insieme ai nostri fedeli, sentiamo che è anche con noi l’intero popolo di Dio, sparso ubique terrarum. Rinsaldiamo perciò il vincolo della fede con tutti i credenti sparsi per il mondo e respiriamo a pieni polmoni nella Liturgia che celebreremo l’universalità della Chiesa, riconosciamo che tutti insieme, nonostante le distanze fisiche, siamo il Corpo vivo del Cristo Risorto, coltiviamo nello Spirito Santo relazioni di autentica fraternità con i tanti che, pur di razze, lingue e culture diverse, appartengono a Cristo, innestati nella Sua vita divina mediante il Battesimo.

Vorrei che in modo speciale oggi avvertiste la mia presenza in mezzo a voi. In ogni Eucarestia la menzione del nome del Vescovo, insieme a quello del Papa, fa sentire l’ecclesialità della celebrazione. Stasera però, come vostro Pastore, vorrei spiritualmente ancora di più farmi pellegrino in ogni comunità, per unirmi a tutti e a ciascuno nel dire grazie al Signore perché non ci lascia soli, non ci abbandona, è sempre con noi, soprattutto quando il cuore è lacerato dalla sofferenza, come in questi giorni. Il dono pasquale dell’Eucarestia è il segno vivo che Gesù è in mezzo a noi. Incontrando idealmente le comunità, a tutti i nostri fedeli vorrei dire con il salmista: “Gustate e vedete quanto è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia” (Sal 34,9). Attingiamo da questa fonte di vita, che è il Signore, l’acqua viva della speranza e del coraggio per affrontare il combattimento quotidiano.

Ma è soprattutto con voi, cari fratelli presbiteri, che desidero sostare di più in questo giorno, che ci appartiene in maniera tutta particolare. Vogliamo insieme gustare quanto è buono il Signore con noi e insieme trovare rifugio nel Suo Cuore, nella certezza di attingervi ristoro. Credetemi, continuamente vi penso e con la mia povera preghiera cerco di fermarmi accanto a ciascuno. Stando con voi… penso a come state vivendo questo tempo di prova, impediti a portare avanti le tante iniziative di ministero, in particolare la ricca programmazione che avevate previsto per la Quaresima e per la Pasqua. Penso alla vostra solitudine, al tempo che sembra scorrere lentamente, a volte lasciando vuoto e arido il cuore. Penso al vostro bisogno di incontrare le persone a voi affidate, forse solo per uno sguardo di tenerezza o per un abbraccio di fraternità. Penso al vostro senso di impotenza dinanzi alle necessità della gente, che diventa sempre più bisognosa di tutto. Penso alla preghiera, che forse si fa più faticosa in questo frangente, quando sembra che il Signore si nasconda e il nostro cuore è appesantito dalle preoccupazioni per il futuro. E tuttavia, non possiamo arrenderci dinanzi al terremoto esistenziale che sta travolgendo noi e la nostra gente o rimanere disorientati nel leggere e interpretare quanto sta accadendo. La luce della fede deve essere nostra guida nel discernere l’ora presente per scorgervi i segni della presenza di Dio. Siamo tutti sulla barca della storia che sta solcando il mare in tempesta, ma non siamo soli perché con noi c’è Gesù. Per ritemprarci interiormente, riprendiamo le parole che il Santo Padre ha rivolto a tutti gli uomini e le donne del mondo, credenti e non, il 27 marzo scorso, durante il momento straordinario di preghiera vissuto in Piazza San Pietro. Quelle parole sono davvero un balsamo di speranza per tutti!

Con voi, carissimi fratelli, vorrei oggi riassaporare anche la bellezza del dono a noi fatto con la chiamata al ministero. Il Giovedì Santo è giorno della memoria grata e colma di stupore: siamo preti, perché lo sguardo di Gesù si è posato su di noi; siamo preti, perché Lui ha bisogno delle nostre forze, del nostro cuore, del nostro entusiasmo per servire e amare l’umanità, che Gli appartiene perché salvata dal Suo Sangue; siamo preti, perché un giorno Gli abbiamo detto di sì e Gli abbiamo consegnato la vita; siamo preti, perché la Chiesa ha accolto il nostro impegno e ci ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, per condividere il loro cammino, ricchi solo della forza della Parola e dei Sacramenti; siamo preti, perché nonostante tutte le avversità la nostra fiducia è nel Signore, che mai abbandona il Suo eletto; siamo preti, perché pur essendo peccatori il Signore si fida di noi; siamo preti…!

Mi piace oggi consegnarvi un testo meraviglioso del profeta Isaia, che è come la carezza di Dio in questo giorno memoriale del nostro Sacerdozio, mentre nel raccoglimento della preghiera ripercorriamo la nostra storia d’amore con il Signore Gesù, che ci ha chiamati alla Sua sequela: “ «Non temere, perché io ti ho riscattato, Ora così dice il Signore che ti ha creato, o Giacobbe, che ti ha plasmato, o Israele: ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni. Se dovrai attraversare le acque, sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno; se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai, la fiamma non ti potrà bruciare; poiché io sono il Signore tuo Dio,il Santo di Israele, il tuo salvatore […]. Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo […]. Non temere, perché io sono con te” (Is 43,1-5).

Come non sentire attraverso queste parole la mano sempre premurosa del Signore, che si pone accanto a ciascuno di noi per rialzarci, nell’ora della stanchezza e della sfiducia, dandoci la gioia di ripartire con entusiasmo nel ministero? Come non riappropriarci della bellezza della nostra vocazione? Quell’“Io sono con te” è il segreto della nostra vita di preti. Quando in noi c’è la forza prorompente dello Spirito del Signore, mettiamo ali di aquila e voliamo alto, superando tutte le fatiche, le stanchezze, le delusioni: “Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi” (Is 40,29-31). Ci ritroviamo tutti in queste parole, giovani e anziani, di qualsiasi età! Il Signore non ci lascia mai soli. Egli viene a passare – spesso il Suo giungere nella nostra vita è come un sussurro leggero (cf 1Re 19,12-13) – e si ferma con noi. Chiede di confidare in Lui per essere forti e custodire il Suo dono. Vuole che il nostro ministero sia sempre più riflesso di Lui, che ogni nostro gesto e ogni nostra parola sia testimonianza del Suo amore. Se questo avviene, il vaso di creta della nostra umanità (cf 2Cor 4,7) non correrà il rischio di infrangersi e il tesoro che ci è stato affidato lo sapremo custodire e far crescere. Sì, carissimi, è questo il segreto per mantenere giovane la nostra vita sacerdotale.

Forse qualcuno si starà chiedendo il perché di tanta insistenza sul coraggio e la forza che devono accompagnarci in questi giorni e sempre nella vita, o sul doverci rialzare tutte le volte che stanchi ci adagiamo, correndo il rischio di vivacchiare. Rispondo col dire semplicemente che noi preti siamo chiamati dall’Amore a farci pane per i nostri fratelli e sorelle, per nutrire la loro fede e sostenere la loro testimonianza nel mondo. Ma dobbiamo essere pane fresco, profumato e fragrante, che ha il sapore di Dio, e non pane duro e ammuffito che serve solo ad essere buttato via. Ecco perché nel giorno in cui ci è stato donato il Pane buono dell’Eucarestia, chiedo a tutti noi di farci pane impastato di eternità e di fraternità, per dare la vita al mondo.

Quest’oggi mi sento innanzitutto io, in prima persona, sollecitato a esaminarmi, mentre ricordo con gratitudine il quarto anniversario di Ordinazione episcopale. Con tutta la mia povertà e i miei limiti, mi metto dinanzi all’amato Signore, chiedendogli una rinnovata effusione di Spirito Santo. A Lui affido me e voi, con tutta la nostra Chiesa, perché riempia della Sua presenza la nostra vita. Ogni giorno che passa, avverto tutta la mia piccolezza rispetto alla responsabilità di guidare e servire questa bella porzione di Chiesa di Dio che è in Conversano-Monopoli. Nello stesso tempo, però, giorno dopo giorno sento crescere in me l’amore per tutti coloro che mi sono stati affidati dal Buon Pastore e il mio unico desiderio – il mio assillo quotidiano, per dirla con san Paolo (2Cor 11,28) – è spendere tutte le energie per rendere sempre più santa e bella la nostra Chiesa. Statemi vicino con la vostra preghiera, con il vostro affetto e la vostra collaborazione, carissimi fratelli presbiteri. Ne ho bisogno! Ricordatemi al Signore nella celebrazione di questa sera e siate certi che anch’io oggi e sempre vi porto con me, insieme alle vostre comunità, quando celebro l’Eucarestia.

A Maria, Madre nostra e modello di fede per ogni discepolo del Signore, alzo lo sguardo con sconfinata fiducia, invocando la Sua intercessione su di noi, sulla nostra Chiesa e sul mondo intero, che vive quest’ora di travaglio. Con la sua preghiera ci aiuti a sconfiggere tutti i mali e a vivere la gioia della Pasqua.

Nel benedirvi di gran cuore, chiedo a ciascuno di voi di fare altrettanto, alzando la mano benedicente su di me! E a voi e alle vostre comunità formulo con sincero affetto gli auguri cordiali di Buona Pasqua!

+ Giuseppe Favale, vescovo

Ai sacerdoti giovedì santo 2020