Omelia Messa Crismale 2017

Cattedrale - Conversano
13-04-2017

 

Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi” (Lc 22,15).

Permettete, carissimi fratelli e sorelle, di far mie le parole di Gesù per esprimere i sentimenti del mio cuore in questi ultimi giorni della Quaresima, alla vigilia della grande solennità pasquale. È la prima Pasqua che condivido con voi e provo una gioia immensa perché insieme, pur nella diversità dei luoghi dove avverranno le celebrazioni, potremo attingere a questa sorgente perenne di grazia che è l’evento della nostra redenzione. Tutti nasciamo alla vita nuova dalla Pasqua di Cristo e tutti dobbiamo continuamente ritornare a quella fonte le cui acque non inaridiscono mai, perché scaturiscono dal costato squarciato del Crocifisso (cf Gv 19,34). Come vorrei che la celebrazione della Pasqua fosse sempre più il cuore dell’esperienza mistica della nostra Chiesa di Conversano-Monopoli. Sì, non sembri azzardata l’espressione “esperienza mistica”, perché non vi è altro momento in cui la Chiesa si incontra con il suo Signore Risorto come nella celebrazione annuale e settimanale della Pasqua. Da questo deriva, di conseguenza, che tutta la pastorale, nelle diverse espressioni in cui può essere declinata, deve essere pasquale perché deve portare all’incontro con Colui che è vivo e cammina in mezzo ai suoi. Ed è quello che desidero realizzare con tutte le mie forze, esercitando il mio ministero in mezzo a voi!

Gli occhi di tutti erano fissi sopra di lui” (Lc 4,20).

Il Signore mi fa dono quest’oggi di presiedere la prima Messa crismale nella nostra splendida Basilica Cattedrale e, mentre rendo grazie a Dio per aver fatto incrociare le nostre strade, rendendomi vostro compagno di viaggio, con voi desidero innanzitutto volgere lo sguardo colmo di stupore e di amore verso “Gesù Cristo, il testimone fedele , il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra, Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre” (Ap 1,5-6). Noi ci ritroviamo intorno a Lui, divino Protagonista di ogni celebrazione liturgica, perché, non dimentichiamolo mai, solo su di Lui, pietra d’angolo, “tutta la costruzione – quella della Chiesa – cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore” (Ef 2,21). Ed è Lui che ci ha convocati, oggi come sempre, per fare di noi un popolo regale, un’assemblea santa e una stirpe sacerdotale. E allora guardiamo a Lui, l’unto del Padre, ripieno dello Spirito del Signore, che nella sinagoga di Nazaret, applicando a sé la Parola profetica di Isaia, dà inizio al suo ministero messianico.

Guidati dall’evangelista Luca, confondiamoci tra i concittadini di Gesù presenti nell’assemblea sinagogale del sabato e fermiamoci a contemplare la scena. Quel giorno tocca al giovane rabbì prendere il rotolo delle Scritture e leggere il testo, che è quello del profeta Isaia, nel quale si intravede un personaggio che avrà delle caratteristiche particolari, che lo renderanno strumento della misericordia divina per far rialzare il popolo, avvilito e schiacciato nell’esilio di Babilonia. Grazie a lui si riedificheranno le antiche rovine, si ricostruiranno i vecchi ruderi, si restaureranno le città desolate e devastate da più generazioni (cf Is 61,4). Dalla terra dell’umiliazione si potrà tornare alla terra della promessa!

Le parole che Luca fa pronunciare a Gesù sono il cuore dell’antica profezia: “Lo Spirito del Signore è su di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore” (Lc 4,19-19). Dopo aver letto, il maestro siede, avendo gli occhi di tutti i presenti puntati su di Lui. C’era curiosità e attesa. Lo conoscevano, era uno di loro. Lo avevano visto crescere. Come avrebbe spiegato quella Scrittura? Come l’avrebbe attualizzata nella vita dei credenti ebrei di quel piccolo villaggio? Gesù spiazza tutti dicendo semplicemente che quella Parola parla di Lui: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4,21). Gesù, Verbo del Padre, è il compimento di tutta la rivelazione di Dio. Questa e tutte le altre pagine della Scrittura parlano di Lui. È arrivato il tempo in cui le promesse della prima alleanza si stanno realizzando.

La profezia di Isaia, letta e attualizzata da Gesù, sintetizza la missione che Egli si appresta ad iniziare e che Luca delineerà nel suo Vangelo. Egli è venuto come buon samaritano che si china sulle tante ferite che rendono l’umanità prigioniera del male, per far sentire innanzitutto la tenerezza del Padre e poi per tenere viva la speranza, tanto cercata nei momenti della prova, intervenendo direttamente sui mali che affliggono la vita dell’uomo. Quanto sono vere quelle parole che avrebbe pronunciato di lì a poco nella casa di Levi-Matteo, dinanzi allo scandalo provato dagli scribi e farisei nel vederlo condividere il pasto con i pubblicani: “non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori, perché si convertano” (Lc 5,31-32). Lui, medico divino viene per farsi prossimo a tutti. Davvero Lui è venuto per curare e guarire, consolare e portare gioia.

Gli occhi di tutti erano fissi sopra di lui”. Carissimi, come Chiesa in cammino, i nostri occhi non perdano mai di vista il volto luminoso del nostro Salvatore. Come ho già evidenziato sin dai nostri primi incontri, il mio unico intendimento venendo tra voi, nella continuità della nostra storia ecclesiale, è mostrarvi Gesù e indicarlo come risposta certa alle attese più profonde dell’animo umano. Non mi stanco di ripeterlo, e lo faccio anche oggi, Respicite ad Dominum et illuminamini! Guardiamo continuamente al Signore, non distraiamoci dietro le cose futili, che lasciano il vuoto, anche se in apparenza sembrano allettanti. Tutto deve ruotare intorno alla persona di Cristo Gesù, lo Sposo, l’Amico, il Confidente, Colui che è sempre pronto ad accogliere perché ama!

A te, cara Chiesa di Conversano-Monopoli, dico con la gioia del pastore che vuole custodire il gregge del Signore che gli è stato affidato: non smettere di cercare il volto del tuo Sposo, innamorati di più di Lui. Egli ti ha amato per primo, non dimenticarlo mai. A Lui appartieni, perché sei stata comprata a caro prezzo. Sì, ti ha amato fino all’estremo, sino al dono della Sua vita. Il segno dell’amore del tuo Sposo è la Croce. Essa è il sigillo impresso su di te, che ti rende riconoscibile ai suoi occhi. È un sigillo di cui non ti devi mai vergognare, anche se alle volte può essere motivo per far scatenare le potenze del male, come sta accadendo a tante Chiese sorelle in diverse parti del mondo, alle quali vogliamo far giungere quest’oggi il nostro abbraccio di solidale vicinanza e di accorata preghiera.

Lasciati riempire del Suo Spirito di santità, perché unta di questo unguento prezioso possa portare l’evangelo della gioia ai poveri. Questo è il tuo compito: generare alla fede e testimoniare che è bello appartenere a Dio, essere suoi, e far trasparire la vita nuova che nasce dall’incontro con Lui, il Risorto.

Oggi la profezia di Isaia, realizzatasi in Gesù di Nazaret, viene consegnata a te perché possa dire che essa si compie anche nella tua esperienza. Sei chiamata a farti missionaria per raggiungere anche l’ultimo dei tuoi figli, perché nessuno deve essere escluso dall’abbraccio misericordioso del Padre. Per questo ti rinnova facendo rifluire al tuo interno il fiume in piena della grazia, che verrà a te attraverso i santi oli che tra poco saranno benedetti. Il frutto dell’ulivo, albero che è vanto del nostro territorio, è lo strumento di cui si serve lo Spirito per riempire della sua presenza la vita del credente e abilitarlo alla testimonianza. I sacramenti, alla cui celebrazione sono destinati gli oli, realizzano una presenza particolare dello Spirito che permette di conformare a Cristo chi li riceve. I sacramenti, non dimentichiamolo, fanno del cristiano un alter Christus! Non solo il presbitero, ma ogni battezzato e cresimato è un altro Cristo e come tale deve diffondere il profumo dell’amore divino nella storia.

Carissimi, la nostra Chiesa, plasmata dallo Spirito, è chiamata ad essere sposa dell’Agnello. Questa è la sua vocazione originaria: vivere l’indissolubile comunione di vita con il suo Sposo.  Il cristiano, pietra viva della Chiesa, dà consistenza a questa vocazione conformando la propria vita a quella dello Sposo. L’impegno prioritario di ciascun battezzato, al di là delle responsabilità pastorali che si hanno, è crescere nell’amicizia con il Signore Gesù, coltivandola costantemente attraverso una intensa vita spirituale. Siamo cristiani per Lui, siamo preti, siamo diaconi per Lui, siamo consacrati per Lui. È questo il fondamento della nostra identità! Non sembri scontato ciò che dico! Quante volte infatti corriamo il rischio di fare a meno di Lui, pur professando a parole una fede cristallina… Quando accade questo? Quando si affievolisce il dialogo personale con Lui, non dando spazio all’ascolto della Sua Parola per farla crescere e fruttificare, quando si è presi dalle mille incombenze quotidiane, anche le più nobili, e non si ha tempo per stare con Lui in una contemplazione amorosa del Suo volto (cf Lc 10,38-42). Ripartire da Cristo: questo deve essere il nostro programma se vogliamo che la nostra splendida Chiesa di Conversano-Monopoli continui ad essere sale che dà sapore alla nostra terra e luce che illumina come città posta sopra un monte (cf Mt 5,13-16).

Questo richiamo alla centralità di Cristo vorrei riferirlo anche al lavoro che stiamo portando avanti in questo anno con il tema della sinodalità, in vista del rinnovo degli organismi di partecipazione. La nostra Chiesa potrà acquisire un volto nuovo, come da tutti è auspicato, solo se si rifonderà su Cristo. Servono sicuramente le riforme strutturali e i cambiamenti di responsabilità, ma questi rischiano di essere sterili se non si accompagnano ad un autentico rinnovamento del cuore, che può nascere solo dall’incontro con Cristo. Non dimentichiamolo mai, la Chiesa è se stessa solo in riferimento a Cristo. Si cammina insieme perché c’è Lui che ci guida; si è capaci di discernere i segni dei tempi perché c’è lo Spirito del Risorto che aiuta a comprendere il disegno d’amore di Dio nella storia; si è solidali con gli uomini e le donne del nostro tempo perché “l’amore di Cristo ci possiede” (2 Cor 5,14), spingendoci alla prossimità verso i fratelli che sono nel bisogno. Il frutto di tutto questo è la comunione, una comunione che fonda il comune impegno a servizio del Vangelo.

Amata Chiesa di Conversano- Monopoli, dai il primato a Gesù Cristo nel tuo agire quotidiano e non stancarti mai di guardare a Lui. Soprattutto noi, Vescovo e presbiteri, dobbiamo rimodulare la nostra vita riferendola totalmente a Cristo. Tra poco rinnoveremo le promesse assunte il giorno della nostra Ordinazione. Con convinzione, e soprattutto con le scelte concrete, diciamo il “sì, lo voglio” all’impegno di volerci unire intimamente al Signore Gesù, rinunziando a noi stessi e confermando quanto, spinti dall’amore di Cristo, abbiamo assunto liberamente verso la Chiesa. Diciamo con gioia che nel nostro ministero non vogliamo assolutamente lasciarci guidare da interessi umani ma solo dall’amore verso i fratelli, che accogliamo nel nome di Cristo. Quanto è vero ciò che l’autore della Lettera della Lettera agli Ebrei nei giorni scorsi ci ha fatto riascoltare nella Liturgia delle Ore: “Siamo infatti diventati partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda fino alla fine la fiducia che abbiamo avuto fin dall’inizio” (Eb 3,14). Essere preti è stupendo, cari Confratelli, e la gioia straripante del nostro cuore innamorato sia la calamita per attirare a Cristo i giovani.  È questa la prima e più efficace forma di pastorale vocazionale, non dimentichiamolo!

In questo contesto, mi piace sottolineare come l’incontro con Cristo ha dato un senso nuovo alla vita di alcuni nostri fratelli che in questi mesi hanno vissuto o vivranno eventi particolari. Permettete che ricordi innanzitutto il caro e indimenticato don Ciccio Ostuni, improvvisamente scomparso qualche mese fa. Dopo aver vissuto nella fede l’intima comunione di vita con Cristo, ora lo contempla, saziandosi della bellezza del Suo volto. Dal cielo, ne siamo certi, continua a stare vicino a noi, insieme alla moltitudine di pastori che ha servito la nostra Chiesa.

Nei prossimi mesi avremo diversi giubilei sacerdotali. Li voglio richiamare per dire oggi questi nostri fratelli il grazie di tutti noi per la loro vita spesa per il Vangelo, per la gloria di Dio e per la Chiesa: don Peppe Recchia, che celebra i venticinque anni, don Carmine Chiarelli, don Pasquale Vasta, don Paolo Valente e don Vito Fusillo che celebrano i cinquant’anni. Cari amici, continuate a fare della vostra vita un continuo atto d’amore. Il vostro cuore batta all’unisono con il Cuore del buon Pastore e come Lui siate sempre pronti a donare la vita.

Nei mesi passati ho avuto la gioia di conferire il sacro ordine del diaconato a don Antonio Esposito – e il prossimo 2 giugno sarà ordinato presbitero! –; il sacro ordine del presbiterato a don Filippo Di Bello e a don Pierpaolo Pacello, e il sacro ordine dell’episcopato al carissimo Mons. Giovanni Intini. Questo ci dice che la nostra Chiesa è viva e il Signore non le fa mancare energie nuove. Ringraziamo Dio. Ma quanto grandi sono i bisogni! Per questo preghiamo e impegniamoci per le vocazioni. Segno della vitalità sono i nostri seminaristi, dei quali ultimamente Mikael Virginio ha ricevuto il ministero del lettorato e Francesco Ramunni il ministero dell’accolitato. A questi si aggiunge Giuseppe Cantoro che giovedì 20 sarà ammesso tra i candidati ai sacri Ordini. Il Signore benedica il loro cammino! E voi, carissimi, siate contagiosi nel trasmettere ai vostri coetanei l’entusiasmo nel seguire il Maestro!

Vogliamo sentire in mezzo a noi anche i nostri fratelli presbiteri che per età o malattia non sono presenti fisicamente alla nostra celebrazione. A loro vogliamo far giungere l’abbraccio fraterno e la preghiera della nostra assemblea.

Un pensiero affettuoso lo rivolgo al novello abate del Monastero della Scala in Noci, che nelle passate settimane ha iniziato il suo servizio in quella comunità, Padre Giustino Pege. Caro Padre, benvenuto nella nostra terra di Puglia e benvenuto nella nostra Chiesa di Conversano-Monopoli. Vieni per guidare una bella comunità, che è prezioso punto di riferimento per tutti noi. Ti assicuriamo la preghiera, certi che il tuo ministero abbaziale farà crescere quella comunità monastica.

“Canterò per sempre l’amore del Signore”. Così abbiamo pregato al salmo. Carissimi, con il canto sulle labbra e la gioia nel cuore, continuiamo il nostro cammino, guidati dal Buon Pastore. Canta e cammina, amata Chiesa di Conversano-Monopoli!

Cattedrale di Conversano

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